Gli equilibri tra il Nord e il Sud del mondo1Tra i Paesi del "Nord” del mondo si annoverano quelli a più alto reddito, che compongono il grosso del gruppo dei Paesi Ocse. Tra i Paesi del “Sud” del mondo, invece, si annoverano le nazioni a basso o medio reddito. Di conseguenza, il criterio di differenziazione non è definito su base geografico-territoriale, ma su base economico-reddituale. stanno cambiando a una velocità che fino a qualche tempo fa non era immaginabile. In questo mutamento, c’è già una data che potrebbe passare alla storia. È il 22 novembre 2023, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione sulla fiscalità internazionale, che mira a definire regole più inclusive verso i Paesi del Sud del mondo e più efficaci contro l’evasione e l’elusione fiscale.
La risoluzione (il cui nome ufficiale è A/C.2/78/L.18/Rev.1) ha ad oggetto "la promozione di una cooperazione inclusiva ed efficace sulla tassazione a livello internazionale" ed è passata con 125 voti favorevoli e 48 contrari (oltre a 9 astenuti)2I 48 Paesi a votare contro sono stati praticamente tutti quelli del Nord del mondo: i 27 membri dell’Unione europea all’unisono, poi Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone. Al contrario, con pochissime eccezioni, tutte le nazioni di Africa, America Latina e Asia hanno votato a favore. Mentre, le nazioni che hanno deciso di astenersi sono Armenia, Costa Rica, El Salvador, Islanda, Messico, Norvegia, Perù, Turchia, Emirati Arabi Uniti.. Il suo fine ultimo è il trasferimento delle decisioni sulla fiscalità internazionale dall'Ocse all'Onu. Nel breve periodo, l’obiettivo principale è arrivare a una convenzione quadro sulla tassazione mondiale, con la quale riscrivere le regole fiscali sui flussi internazionali di capitali e merci. Regole che diventerebbero obbligatorie per le politiche di tassazione dei singoli Stati nazionali, in virtù dei poteri vincolanti delle convenzioni.
This is the historic moment today when the world decided that a new global tax system is needed, it is possible, and they are going to work for it.
At the @UN. pic.twitter.com/pYWscQmdwH— Icrict (@icrict) November 22, 2023
Il momento in cui è stata approvata all'Onu la risoluzione dei Paesi africani.
Chi c’è dietro la risoluzione ONU?
A proporre la risoluzione era stata la Nigeria, per conto del Gruppo dei Paesi africani presso le Nazioni Unite. Si era partiti a maggio 2023, alla 54a sessione della Conferenza dei Ministri delle Finanze dei Paesi africani, con l’invito ad avviare i negoziati per giungere alla sottoscrizione di una “Convenzione internazionale sulle questioni fiscali”.
Non è un caso che la risoluzione sia stata proposta dai Paesi africani. Essa, infatti, è strettamente coerente con le loro aspirazioni come definite dall’Agenda 2063 dell’Unione Africana e, in particolare, con l’obiettivo di rafforzare i sistemi fiscali e promuovere l’equità fiscale nel continente. Il documento, inoltre, si concilia bene con un'altra risoluzione (A/RES/76/196), approvata il 10 gennaio 2022 e riguardante la cooperazione internazionale per la lotta ai flussi finanziari illeciti3Per flussi finanziari illeciti si intendono i movimenti transfrontalieri di denaro e beni che, alla prova dei fatti, risultano illegali nella fonte, nel trasferimento o nell’uso. Per un più dettagliato approfondimento della definizione si faccia riferimento al glossario in calce all’articolo..
Questi sforzi si inseriscono in un processo istituzionale più ampio, volto a portare nelle mani delle Nazioni Unite (togliendolo al monopolio dell’Ocse, che riunisce i Paesi più sviluppati) il potere di co-progettare e riformare le norme internazionali contro i flussi finanziari illeciti di natura fiscale, l’erosione della base imponibile, il trasferimento degli utili e l’evasione fiscale, compresa la questione della tassazione dei guadagni in conto capitale (o “plusvalenze”). Così, queste decisioni fondamentali diventerebbero molto più democratiche.
I dati
Nel suo rapporto State of Tax Justice 2023, il Tax Justice Network (TJN) ha stimato che le perdite annue di gettito fiscale per gli Stati causate dai paradisi fiscali ammontano a circa 480 miliardi di dollari Usa. Di questi, 311 vengono persi per abusi fiscali societari transfrontalieri da parte di multinazionali e 169 per abusi fiscali offshore da parte di individui ad elevato patrimonio.
È interessante vedere come si distribuiscono le perdite di gettito fiscale tra i Paesi a reddito più alto (afferenti all’area Ocse) e i Paesi a reddito più basso o medio. In termini assoluti, il primo gruppo registra 433 miliardi di perdite fiscali annue, mentre per il secondo gruppo le perdite ammontano a circa 47 miliardi. Ma se si rapportano questi numeri ai budget sanitari pubblici degli stessi Stati, il quadro si ribalta. Per il gruppo dei Paesi “ricchi”, le perdite causate da paradisi fiscali equivalgono al 9% delle spese pubbliche sanitarie aggregate, mentre per il gruppo dei Paesi “poveri” la percentuale sale a ben il 49%. È evidente: il Sud del mondo, che storicamente ha avuto poca voce in capitolo sulle norme fiscali internazionali, patisce il maggior peso degli abusi.
In particolare, Tax Justice Network sottolinea come la maggior parte dei danni fiscali a livello mondiale sia resa possibile dalla regolamentazione fiscale abusiva adottata dai Paesi dell’Ocse, responsabili del 78% dell’evasione ed elusione fiscale globali. In pratica, sono soprattutto 4 Paesi a provocare ingenti perdite di gettito fiscale, soprattutto a danno dei Paesi del Sud globale: il Regno Unito, i Paesi Bassi, il Lussemburgo e la Svizzera, tutti membri dell’Ocse.
Sempre secondo le stime del rapporto, qualora i processi decisionali e le norme in materia di fiscalità internazionale venissero mantenuti sotto la leadership Ocse (come avvenuto nell’ultimo decennio), nei prossimi 10 anni le perdite di gettito fiscale ammonterebbero a 4,8 trilioni di dollari. Una montagna di soldi, che ricchi e multinazionali eviterebbero di pagare se non passasse una Convenzione Onu sulla tassazione. Ovviamente, se venissero adottate linee guida e norme contro gli abusi, questo importo finirebbe dove dovrebbe stare: nelle casse pubbliche dei Paesi che subiscono gli effetti negativi dell’evasione e dell’elusione. C’è poi una curiosa coincidenza: 4,8 trilioni sono quanto viene speso in tutto il mondo per la sanità pubblica.
La giustizia fiscale non è un pranzo di gala
Considerato tutto questo, si può ben capire perché l’iter della risoluzione sia stato tortuoso. Già a marzo 2022 un gruppo di esperti di tassazione internazionale aveva avanzato le prime bozze per una Convenzione Onu in materia fiscale all’Eurodad (una rete di 58 organizzazioni della società civile da 28 Paesi europei) e alla Global Alliance For Tax Justice. Ma l’approvazione di una risoluzione in merito pareva una chimera. L’ultimo tentativo di trasferire le decisioni fiscali internazionali all’Onu risaliva agli anni ‘70 del secolo scorso. E poi era chiaro che i Paesi promotori (in sostanza, il Gruppo Africano delle Nazioni Unite) avrebbe incontrato non pochi ostacoli, prima di tutto per i tentativi di boicottaggio da parte dei Paesi Ocse.
Ma il reiterato ostruzionismo di Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito non ha impedito di giungere al deposito della risoluzione in Aula e alla sua definitiva votazione, complice l’accresciuta coesione tra i Paesi del Sud del mondo, oltre al sostegno politico del segretario dell’Onu, Antonio Guterres. A riguardo, è sicuramente rilevante il respingimento da parte dei Paesi del Sud globale (ad ampia maggioranza) di un emendamento del Regno Unito, che mirava a svuotare il senso stesso della risoluzione chiedendo di rimuovere qualsiasi riferimento all’obiettivo di una Convenzione Onu.
Il Gruppo dei Paesi Africani ha trovato sponda in 14 esperti (tra i quali figurano economisti come Thomas Piketty e Joseph Stiglitz4Già in precedenza il Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, in qualità di copresidente dell’Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation, si era speso per una maggiore equità fiscale internazionale. Fra le altre cose, si era opposto a un accordo Ocse del 2017 per la riforma dell’architettura fiscale globale, svantaggioso per i Paesi poveri e in via di sviluppo.). Con una lettera aperta a pochi giorni dalla votazione, gli studiosi hanno esortato Stati Uniti ed Unione Europea a sostenere la risoluzione: "Questa settimana assisteremo o a un successo storico nella creazione di un’economia mondiale più giusta, o a un terribile fallimento".
Le implicazioni del successo della risoluzione sono chiare. Il trasferimento del dibattito in sede Onu provocherà un inedito coinvolgimento cooperativo di tutte le nazioni del mondo, senza che i Paesi più poveri possano esserne esclusi a causa del minor peso delle loro economie. L’altro aspetto fondamentale sarà dato dall’adeguamento delle nuove regole ai principi dell’Onu sull’uguaglianza sociale, le politiche di genere e la tutela degli eco-sistemi naturali.
La strada che manca all’approvazione finale della Convenzione è ancora lunga. Ma il Sud del mondo ha già ottenuto una vittoria, impegnando l’Assemblea dell’Onu a riformare in modo progressista la tassazione internazionale. Una speranza per uno sviluppo economico democratico, realmente sostenibile.
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Per approfondire: cosa sono i flussi finanziari illeciti?
- A livello statistico, la definizione dei flussi finanziari illeciti (FFI) è affidata alla Unctad-Unodc Task Force on the Statistical Measurement of Illicit Financial Flows. L'organizzazione ha sottolineato la necessità di distinguere tale definizione dalla divisione fra legale e illegale, date le differenze nei quadri giuridici tra le varie giurisdizioni. La Task Force, in linea con i risultati del filone legale della ricerca sui FFI, ha affermato che l'obiettivo primario dell'esercizio statistico è quello di misurare certi comportamenti e attività e indicare le dimensioni del fenomeno, allontanandosi dalle definizioni di ciò che è illegale o meno.
- A luglio 2019, la Task force è giunta a una definizione statistica concordata di FFI, stabilendo gli elementi chiave la cui manifestazione è fondamentale per poter definire dei flussi finanziari come illeciti. Si tratta dei seguenti:
- origine, trasferimento o utilizzo illeciti dei beni o servizi oggetto della transazione,
- scambio di un valore (piuttosto che flussi puramente finanziari),
- flusso di valore nel tempo (in contrapposizione a una misura di stock),
- flussi che attraversano un confine.
- Successivamente, la Task force ha concettualizzato e suddiviso in quattro categorie le tipologie e annesse fonti di FFI che, a loro volta, rientrano rispettivamente nelle due macro-categorie di attività produttive e non produttive. Le quattro categorie di FFI sono:
- i flussi finanziari illeciti fiscali e commerciali (derivanti da pratiche illegali quali reati tariffari, fiscali e tributari, evasione fiscale, manipolazione del mercato e reati in materia di concorrenza, reati in materia di importazione/esportazione, atti contrari a regolamenti commerciali, restrizioni o embarghi e reati in materia di investimenti o azioni, nonché pratiche di elusione fiscale - tra cui il transfer mispricing, il trasferimento del debito, la delocalizzazione della proprietà intellettuale, lo shopping di trattati fiscali, le modifiche della struttura societaria o della residenza economica e altri schemi di spostamento dei profitti - in aggiunta ad alcune attività che non sono osservate, nascoste o informali, o che fanno parte della cosiddetta economia ombra, sommersa o grigia);
- i flussi finanziari illeciti da corruzione (derivanti da pratiche quali la corruzione, l'appropriazione indebita, l'abuso di funzioni, l'arricchimento illecito e altri atti);
- i flussi finanziari illeciti da “attività di tipo furtivo” e dal finanziamento della criminalità e del terrorismo (derivanti da attività non produttive che comportano un trasferimento forzato, involontario e illecito di risorse economiche tra due soggetti come, ad esempio, il furto, l'estorsione, l'arricchimento illecito e il rapimento; in aggiunta, il finanziamento del terrorismo o del crimine implica il trasferimento illecito e volontario di fondi tra due attori allo scopo di finanziare azioni criminali o terroristiche);
- i flussi finanziari illeciti da mercati illegali (commercio nazionale e internazionale di beni e servizi illeciti come droghe e armi da fuoco, o come il traffico di migranti. I FFI sono generati dai flussi legati al commercio internazionale di beni e servizi illeciti, nonché dai flussi transfrontalieri derivanti dalla gestione dei proventi illeciti di tali attività).
- Il movente che accomuna le diverse pratiche è la possibilità di incrementare i profitti netti (se l'unità di analisi è la società di capitali) o i redditi disponibili (se si tratta di persone fisiche). Infine, la Task force ha riconosciuto che i dati relativi alla corruzione o ai FFI commerciali e fiscali saranno più difficili da ottenere a causa della varietà di canali utilizzati dalle imprese multinazionali in diverse attività correlate quali, ad esempio, prezzi di trasferimento, trasferimento di beni immateriali, pagamenti di royalties e via dicendo.
ma nei fatti cosa conta questa risoluzione? E’ come le centinaia di risoluzioni di condanna di Israele dal ’48 ad oggi che al dunque non sono mai diventate efficaci per il veto USA? E come potrebbe questa risoluzione superare il diritto di veto che i tre membri occidentali dei 5 permanenti del consiglio di sicurezza metteranno di sicuro?