Cerca

Articolo

Attualità

L'accordo sulla tassa minima globale è davvero storico?

Lo scorso sabato 5 giugno a Londra, durante il G7, è stato trovato un accordo tra i Paesi partecipanti per istituire una tassa minima globale sui profitti delle multinazionali. L’intesa è stata definita da tutti i responsabili economici degli Stati, tra cui il ministro italiano Franco, come “un accordo storico”. Ma è davvero così?

L’accordo non è ancora definitivo e l’intento è quello di estenderlo ad altri Paesi al prossimo G20 di Venezia che si terrà tra l’8 e l’11 luglio, per poi passare ad altre grandi economie non presenti, come la Cina. I princìpi cardine possono però già essere esaminati.

L’accordo si basa su due pilastri: il primo prevede l’introduzione di un’aliquota minima globale per le imposte sui profitti pari al 15%; il secondo invece prevede che il 20% della quota dei profitti superiori al 10% dei ricavi sia soggetta a tassazione nei paesi in cui le aziende operano. 

La soglia del 15%

Il primo pilastro, ovvero l’aliquota minima pari al 15%, è quello che ha fatto rivendicare l’accordo come “storico”, e che ha scatenato varie polemiche nel dibattito economico.

L’obiettivo è quello di bloccare la cosiddetta “race to the bottom” e limitare i vantaggi per le multinazionali nello spostare la propria sede legale nei paradisi fiscali, anche esistenti in Europa, come il Lussemburgo, l’Olanda e l’Irlanda. Per fare un esempio, se l’aliquota effettivamente pagata da una multinazionale americana in Irlanda, come l’Apple, fosse pari al 12,5%, allora il restante 2,5% andrebbe pagato agli Stati Uniti.

In questo modo nessun Paese sarebbe incentivato ad avere una tassazione più bassa della soglia minima. C’è da evidenziare che in Irlanda l’aliquota effettiva pagata dall’Apple per vari anni non fu del 12,5%, ma vicina all’1%, fino allo 0,005% nel 2014.

La portata dell’aliquota al 15% è però stata ridimensionata da vari economisti, tra i quali il francese Thomas Piketty:

“Scandaloso definirlo ‘grande risultato’, ci credono imbecilli? Vorrei anch’io il 15% di tasse”.

Il punto spesso sollevato è proprio questo: l’aliquota minima è un buon risultato, ma è anche poco incisivo, visto che prima dell’accordo si vociferava di una soglia pari al 21 o al 25%. 

Gabriel Zucman, direttore del nuovo centro analisi EuTAx observatory, sottolinea che la soglia è sì bassa, ma potrà essere modificata e innalzata in futuro. Guardando al gettito potenziale per i Paesi europei, si può effettivamente apprezzare un cambiamento sostanziale della sua portata connesso a un'aliquota più alta, come si può verificare nella tabella sotto.

A livello europeo, il gettito sarebbe pari a 48,3 miliardi di euro con un’aliquota del 15% e di 167,8 miliardi di euro con un’aliquota al 25%. L’Italia manterrebbe un gettito comunque basso, pari a 2,7 miliardi nel primo scenario (aliquota al 15%) e 11,1 miliardi nel secondo (aliquota del 25%).

Il cambio di allocazione

Il secondo pilastro prevede invece che il 20% della quota dei profitti superiori al 10% dei ricavi sia soggetta a tassazione nei paesi in cui le aziende operano. In questo modo una parte dei profitti verrà tassata nel Paese in cui vengono effettuate le vendite, ma questa imposizione è prevista solo per le aziende che abbiano un margine di profitto superiore al 10%.

Il pilastro più problematico sembra essere proprio questo, visto che la soglia del 10% è veramente alta e dipende in prevalenza dal settore di mercato in cui si opera. Per esempio, Amazon, pur registrando un volume di vendite elevatissimo (382 miliardi), presenta un margine del profitto del 6,3%. Secondo l'accordo in essere, Amazon non dovrebbe pagare alcuna tassa in Italia. 

Se ne deduce che con ogni probabilità non tutte le multinazionali saranno toccate veramente da questa imposta, e proprio per questo già si sono registrati commenti positivi dalle stesse. Verrebbe da chiedersi, se davvero queste multinazionali sono favorevoli ad una imposta minima globale e contrari ai paradisi fiscali, perché per anni abbiano stabilito lì le loro sedi, eludendo la tassazione.

In conclusione, l’impressione è quella che, come sostiene Dani Rodrik, l’accordo non possa non definirsi “storico”.  Il punto è che forse la sua portata deve valutarsi più in termini politici che economici. Ovviamente l’auspicio è quello di vedere interrotta la competizione europea sulle imposte dei profitti caratterizzata da multinazionali che pagano meno tasse dei lavoratori. L'accordo del G7 rappresenta un primo passo in questa direzione: ma non può essere l’ultimo.

Data
25 Giugno 2021
Articolo di
Alessandro Guerriero

Alessandro Guerriero

TAG
g7, multinazionali, tassa minima globale

Iscriviti
alla newsletter!

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy

Alessandro Guerriero

Classe ‘99, sono uno studente di scienze economiche presso l’Università degli studi Roma Tre. Mi sono laureato con lode in economia politica a Roma Tre con una tesi sull'influenza della…

Commenti

Rispondi Cancella

Inserisci il commento
Inserisci il tuo nome
Hai inserito un indirizzo email non valido
Inserisci il tuo indirizzo email

Articoli correlati

Dal mondo

La moneta disprezzata

Non solo di armi è fatta la guerra. Storia del grivnia ucraino sotto la legge marziale

1 Maggio 2022   |   Giorgio Michalopoulos

Analisi

Investire nella salute mentale

È una questione sociale e fa bene all'economia

7 Marzo 2022   |   Salvatore Pompei, Sara Nocent, Tiziano Lizier

Dal mondo

Le sanzioni non porranno fine alla guerra in Ucraina

4 Marzo 2022   |   Dominik Leusder

Dal mondo

Come l'Unione europea sostiene l'Ucraina nella guerra

1 Marzo 2022   |   Giorgio Michalopoulos

Dal mondo

Gli interessi economici dietro la guerra in Ucraina

22 Febbraio 2022   |   Andrea Muratore

Analisi

Pensioni e mercato del lavoro

Lo scontro è di classe

23 Gennaio 2022   |   Alessandro Guerriero

Storia economica

Miti e realtà delle privatizzazioni in Italia

18 Gennaio 2022   |   Matteo Di Lauro

Storia economica

Politica delle privatizzazioni in Italia

17 Gennaio 2022   |   Matteo Di Lauro

Attualità

Gkn: quali lezioni trarre

13 Gennaio 2022   |   Francesco Principessa

Visualizza più articoli

Rimani in contatto.
Iscriviti alla newsletter!

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy

KriticaEconomica
è completamente indipendente
ed autofinanziata.
Sostienici con una donazione.

Codice IBAN: IT18Y0501803200000016759425

Questo sito è stato realizzato con il supporto di YSI - Young Scholars Initiative, una comunità globale di pensatori critici che finanzia iniziative per il pluralismo nell'economia

Kritica Economica è una rivista indipendente creata da un gruppo di universitari, ricercatori e studiosi di varie estrazioni, appassionati di economia e politica economica.

Contatti
info@kriticaeconomica.com

All Content © Kritica Economica 2022
All Rights Reserved

Privacy policy

Facebook Twitter Instagram Youtube Telegram-plane Linkedin-in Envelope
Cerca

Kritica economica

  • Chi siamo
  • La redazione
  • Chi scrive per KE
  • La rete di Kritica Economica
  • I nostri eventi
  • Sostieni il progetto
  • Contattaci
Menu
  • Chi siamo
  • La redazione
  • Chi scrive per KE
  • La rete di Kritica Economica
  • I nostri eventi
  • Sostieni il progetto
  • Contattaci

Articoli

  • Attualità
  • Analisi
  • Teoria e pensiero economico
  • Cultura e società
  • Storia economica
  • Dal mondo
  • Notizie kritiche
Menu
  • Attualità
  • Analisi
  • Teoria e pensiero economico
  • Cultura e società
  • Storia economica
  • Dal mondo
  • Notizie kritiche

Rubriche

  • Letture Kritiche
  • Le interviste di KE
  • Blog
  • Blog esterni
Menu
  • Letture Kritiche
  • Le interviste di KE
  • Blog
  • Blog esterni

Prossimo evento

5 Giugno 2022

Ripensare l’economia

Contro la barbarie climatica

Lecce

Manifatture Knos

Guarda tutti gli eventi >

Iscriviti alla newsletter

Registrandoti confermi di accettare la nostra privacy policy

Facebook Twitter Instagram Youtube Telegram-plane Linkedin-in Envelope