Questo articolo è parte di una serie di commenti di Giuseppe Vandai sugli eventi degli ultimi mesi in Germania.
L’egemonismo dosato tedesco, va detto a chiare lettere, non è nazionalista, bensì profondamente europeista… semplicemente perché la casa europea è fatta su misura per la Germania, anche grazie al fattivo contributo degli ascari di cui abbiamo detto. E chi mai potrebbe guastare l’idillio europeista in Germania? Forse Salvini, M.me Le Pen o la AfD? Per ora pare di no. Gli unici possibili sabotatori hanno invece sede a Karlsruhe, città creata e concepita nello spirito dell’assolutismo illuminato, città che ospita da decenni la sede della Corte costituzionale tedesca, l’istituzione più autorevole del Paese, da quando la Bundesbank ha dovuto subordinarsi alla BCE.
La Corte gode di un immenso prestigio, essendo il massimo custode del Grundgesetz (GG), la costituzione tedesca. Il suo prestigio e la sua autorevolezza si estendono ben oltre l’arena politica, sono saldamente diffusi in tutta la società. L’impatto dei suoi giudizi è ben maggiore che in Italia, poiché anche semplici cittadini possono appellarsi ad essa, per obiettare su leggi o provvedimenti presi dal parlamento, dal governo, dall’amministrazione statale o dagli organi dell’Unione europea. La Corte è ritenuta da tutti un vero baluardo della democrazia e dello stato di diritto.
Ebbene, il 5 maggio scorso la Corte ha tuonato a tutta forza il suo malcontento sull’operato del potere legislativo ed esecutivo del Paese, e, come se non bastasse, ha criticato aspramente la BCE e la Corte europea di giustizia (quella insediata in Lussemburgo).
Chiamata a giudicare su alcuni ricorsi presentati contro la scelta della BCE di attuare, a partire dal 2015, il quantitative easing, la Corte costituzionale tedesca non si è tirata indietro. I ricorrenti accusavano la BCE di aver aggirato o violato – con la complicità degli organi comunitari ed il consenso dei governi degli Stati membri – due fondamentali regole europee: il divieto di finanziamento a Stati membri ed il principio di proporzionalità, che impone agli organi comunitari di far sì che leggi e provvedimenti siano proporzionati e compatibili con lo scopo perseguito.
Stando alle tesi dei ricorrenti, con il QE si è voluto comprimere fortemente o addirittura spingere in negativo i tassi d’interesse allo scopo di alleggerire l’onere del servizio del debito a Paesi comunitari in difficoltà – in primis l’Italia – scaricandone i costi sui risparmiatori dei Paesi più virtuosi. Infatti, i tassi d’interesse, resi artificialmente bassissimi, punirebbero i risparmiatori, togliendo loro reddito immediato, impedendo loro e ai fondi pensione di accumulare risorse per la vecchiaia e farebbero crescere in modo artificiale i prezzi degli immobili. La Corte ha accolto in larga misura le rimostranze, indirizzando la critica in modo assai circostanziato e preciso sia a livello europeo che tedesco.
Il destinatario principale della critica è comunque la Corte europea di giustizia. Infatti, la Corte tedesca afferma innanzitutto di considerare nullo il giudizio lussemburghese dell’ 11 dicembre 2018, con cui dichiarava il Quantitative easing conforme ai trattati e al diritto dell’UE. Secondo la Corte costituzionale tedesca la Corte europea di giustizia sarebbe andata ben oltre il suo mandato. Ritiene infatti che la competenza della Corte europea sarebbe ben delimitata, essendo legata strettamente ed esclusivamente alla interpretazione ed applicazione dei Trattati.
Non appena varcata questa soglia, qualsiasi sua decisione mancherebbe di qualsiasi legittimazione democratica. E proprio nel caso della sua accettazione del QE, la Corte europea sarebbe andata oltre le sue competenze, non avendo nemmeno esaminato la possibile violazione, da parte della BCE, né del divieto di finanziamento occulto a Stati membri, né del principio di proporzionalità. La Corte costituzionale tedesca giunge addirittura ad accusare la Corte europea di praticare “una continua erosione delle competenze degli Stati membri".
Chiarito questo, la Corte costituzionale tedesca si ritiene autorizzata ad intervenire per difendere la sovranità democratica tedesca. Lo fa citando espressamente gli articoli rilevanti del Grundgesetz (art. 23,1,2 ; art. 20,1 e 2 ; art. 79,3). Da più passaggi del lungo testo si evince anche che la Corte costituzionale tedesca considera legittima la condivisione della sovranità a livello europeo solo fino al punto in cui essa rimane nell’ambito di un contesto confederale, a condizione cioè che non intacchi né la sovranità popolare tedesca né la perennità e l’identità della costituzione tedesca.
Entrambe sono qualificate come intoccabili nel Grundgesetz stesso. In soldoni, per andare oltre le colonne d’Ercole del confederalismo, il popolo tedesco dovrebbe azzerare l’attuale costituzione e darsene una nuova. Stando le cose come sono ora, la Corte di Karlsruhe si ritiene invece sempre autorizzata ad intervenire e a considerarsi un’istanza superiore alla Corte europea di giustizia e a qualsiasi organo comunitario, sempre e dovunque la sovranità popolare tedesca, sancita nel GG, non sia rispettata.
Quanto alla competenza della Corte costituzionale tedesca in materia economica, si possono nutrire fortissimi dubbi, visto che si possono leggere frasi deliranti come questa:
Un successivo cambiamento della suddivisione dei rischi quanto ai titoli di Stato acquistati con il programma PSPP (QE, ndt) comprometterebbe i limiti della responsabilità globale di bilancio da parte del Parlamento tedesco e sarebbe incompatibile con l’art. 79, comma 3 del Grundgesetz. Rappresenterebbe nei fatti un’ assunzione di responsabilità a favore dell’arbitrio decisionale di (Paesi, ndt.) terzi con conseguenze difficilmente calcolabili.
I giudici costituzionali di Karlsruhe evidentemente non sanno che cosa sia e come operi una Banca centrale e sproloquiano bellamente. Quanto ai principi, però sono orgogliosi di rappresentare un baluardo contro cessioni indebite di sovranità a organismi internazionali che surrettiziamente, cioè oltre i Trattati, giocherebbero a trasformare un costrutto al massimo confederale in un vero Stato federale.
Le conseguenze pratiche della presa di posizione di Karlsruhe vengono poi così declinate:
Il Governo ed il Parlamento federali sono vincolati – sulla scorta della propria responsabilità verso l’integrazione (europea, ndt) – ad adoperarsi per ottenere dalla BCE un esame della proporzionalità. Devono esporre alla BCE a chiare lettere la propria posizione giuridica, ovvero provvedere in altro modo al ristabilimento di una situazione conforme ai Trattati.
Ad organi costituzionali, enti pubblici e tribunali è vietato collaborare sia a portare a compimento che a realizzare, adempiere o a rendere operativi degli atti ultra vires (aldilà dei poteri, ovviamente della BCE e della Corte europea di giustizia, ndt). Ciò vale per principio anche per la Bundesbank.”
Come ultima conseguenza pratica la Corte costituzionale tedesca ha dato tre mesi di tempo alla BCE per compiere l’esame di proporzionalità richiesto e presentarne i risultati. A quel punto la Corte si riserverà di decidere in via definitiva.
Non si può dire che la Corte tedesca non prenda sul serio il proprio mandato, a costo di aprire una crisi "costituzionale" nell’UE. A ben guardare ci sarebbero anche tutti gli elementi per parlare di una crisi istituzionale in Germania, visto che sono stati richiamati all’ordine sia il governo che il parlamento che la Bundesbank. Nessuno però in Germania vuole parlare in questi termini.
Si risolverà tutto, nonostante la presa di posizione altisonante della Corte, in una tempesta in un bicchier d’acqua, con una BCE che, bravina, fa i suoi compiti a casa e dimostra, con il suo esame di proporzionalità, la sostenibilità delle conseguenze del QE per l’UE in modo che la Corte di Karlsruhe si plachi? In tal caso l’intera operazione avrebbe il senso di riaffermare le basi di principio del potere di cui è dotata la Corte stessa, senza effetti pratici né per il governo tedesco né per la BCE.
Oppure la Corte di Karlsruhe insisterà, fino a legare le mani al governo tedesco e a vietare alla Bundesbank di partecipare, per il futuro, a qualsiasi operazione cooperativa della BCE di carattere fiscal-monetario? Se così fosse, la Corte renderebbe difficilissima anche qualsiasi riforma dei Trattati implicante ulteriori cessioni di sovranità agli organi europei. Potrebbe anche accadere che la Corte di Karlsruhe costringa la politica tedesca a fare i conti e a definire in modo preciso i modi e i tempi di ulteriori condivisioni di sovranità.
A questo punto sorgerebbe il dilemma: più Europa contro il Grundgesetz, o meno Europa pro Grundgesetz? Allora sì che finirebbe l’epoca del non-detto, e anche la strategia à la Jean Monnet, dell’integrazione dall’alto e mediante fatti compiuti, spennando, per così dire, la gallina senza farla starnazzare.