Lo scenario in cui abbiamo vissuto finora si è presentato sfarzoso, con i tratti di una società smart e del tecno-ottimismo dei grandi CEO delle multinazionali. Un mondo fatto da uomini forti che controllano un dispositivo tecnologico-militare-industriale spietato. In questo scenario emerge la figura di Papa Francesco, guida rivoluzionaria di chi non si rassegna al trionfo della morte sulla vita ed è disposto a lottare ad ogni costo per la conversione ‘civile’ dell’economia ed ecologica dell’umanità.
Troppo squilibrate sembrano le forze in campo nella contesa politica dei diversi Paesi, privi di effettivi spazi di sovranità popolare e preda di sovranismi. Con la pubblicazione della sua Laudato sii nel 2015, Francesco invia un messaggio significativo per il clima politico di spudorata reazione neo-liberale che dominava in quel periodo.
Così come la "Rerum novarum" del 1891 di Leone XIII, si pone in una posizione estremista, schierando la Chiesa dalla parte dei perdenti dei processi sociali senza creare compromessi con quella “dittatura dell’economia”, il capitalismo, che divinizza un mercato che si configura ormai come una struttura imperniata sul “feticismo del denaro”. Così la fusione tra l’antropocentrismo delle grandi religioni, l’individualismo dell’Homo economicus alla ricerca di una crescita senza fine e il progresso tecnologico hanno portato a quello che Yuval Noah Harari definisce Homo deus.
Francesco aveva già capito ciò di cui abbiamo bisogno oggi, cioè della salvaguardia e della custodia della Terra, dei beni comuni e dei beni relazionali. In questi casi il capitalismo non funziona perché la sua razionalità basata sulla ricerca del benessere individuale non sa curare il pianeta, i beni che usiamo e i rapporti umani.
Così senza troppi giri di parole afferma che "questa economia uccide" e nessuno, dopo il crack della Lehman Brothers, era riuscito a dirlo in modo così chiaro e forte. Francesco unisce allora teoria e prassi economica al centro della sua attenzione, perché non si cambia il mondo senza cambiare la prassi e soprattutto la teoria economica. Per questo invita nella sua lettera dello scorso maggio giovani economisti, imprenditori e changemakers di tutto il mondo ad Assisi per "The Economy of Francesco", l’economia di due Francesco. L’evento avrebbe dovuto avere luogo nella città di San Francesco lo scorso fine marzo, ma a causa della pandemia che ha colpito il nostro paese e il mondo intero è stato spostato al 21 novembre.
Nella lettera inviata al Papa il 28 marzo scorso i giovani partecipanti all’evento scrivono:
Noi non ci fermiamo. La crisi internazionale dovuta al coronavirus mostra ancora una volta come tutto sia interconnesso. Alla luce di questa esperienza drammatica, l'appuntamento che ci hai dato appare ancora più urgente e profetico
Da parte nostra, moltiplicheremo l'impegno, integreremo i temi, organizzeremo eventi ed incontri nelle forme possibili, coinvolgeremo altre voci e sensibilità. Incontrarsi sarà ancora più bello, per noi e per il mondo che ora più di ieri attende una economia diversa, a misura d’uomo.
La pandemia non ha fermato il processo, si continua a lavorare per questa nuova economia, per darle un’anima. Oggi non ci possiamo abbracciare eppure siamo vicini. I corpi stanno in casa, ma i sentimenti fuori escono, insieme alle emozioni, le opinioni, le speranze, messe in comune, aspettando e sperando che tutto questo finisca. La speranza ci guida in queste giornate, ma non quella speranza “oppio dei popoli” spesso diventata strumento di dominio, ma una speranza che porta a trovare vere ragioni per sperare in un futuro migliore rispetto al presente che stiamo vivendo e a far si perché quel “non ancora” si trasformi in “ora”.
In questi giorni di quarantena ci siamo accorti di essere protagonisti di un sistema sociale dove prevale il business sul bene comune. Siamo di fronte ad un sistema economico vulnerabile e i problemi strutturali dell’economia globale, che in questo periodo emergono ancora di più, hanno bisogno di un continuo dialogo fra i vari aspetti dell’economia, dell’etica e dell’ecologia. La sfida sarà di ripensare modelli di sviluppo per garantire il rispetto dell’ambiente, la dignità dei lavoratori, l’equità sociale e i diritti delle generazioni future, aspetti che non sono separati tra loro ma in realtà intrinsecamente connessi.
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