Qual è l'impatto del coronavirus sulle aziende? E' una delle domande più sentite negli ultimi giorni. Per rispondere BVA Doxa ha compiuto una ricerca tra il 9 e il 16 marzo, interrogando 301 aziende italiane circa gli effetti che l'epidemia avrà sul loro business.
Con il protrarsi dell'emergenza aumenta la preoccupazione delle imprese, che devono attuare strategie efficaci per affrontare la situazione, attuale e futura. Il 76% degli intervistati segnala che il Covid-19 ha avuto effetti immediati sul proprio business, mentre un'azienda su cinque afferma che per il vero impatto sarà evidente in seguito alla valutazione dei primi giorni di aprile, appena trascorsi. Il dato è valido sia per le aziende di piccole dimensioni, con meno di 50 dipendenti, che per le grandi, con più di mille dipendenti.
Le conseguenze negative si sentiranno soprattutto sul mercato interno. Per due aziende su tre i problemi riguarderanno soprattutto il calo della domanda a livello nazionale, e di queste circa la metà, il 45%, afferma che il calo sarà particolarmente significativo (pari al 10%). Per quanto riguarda la presenza sui mercati internazionali, invece, è difficile fare previsioni. Tuttavia, il 43% delle aziende oggetto della ricerca afferma di notare già adesso dei cali significativi sull'export.
Ad essere maggiormente interessate dalla crisi sono, e saranno, le piccole e medie imprese. Il 77% manifesta preoccupazioni sulla diminuzione della domanda domestica, mentre il 56% è preoccupato per lo scambio oltre confine.
Che dire degli investimenti? Gran parte delle aziende dichiara di essere intenzionata a diminuirli, tagliando i fondi necessari alla comunicazione e al marketing. D'altra parte una buona percentuale, pari al 41%, adotterà una strategia differente, investendo sulla comunicazione per aumentare la presenza sui media, quanto mai indispensabile per ripartire.
Una parte delle interviste ha riguardato la gestione del lavoro da remoto. Lo smart working si è rivelato un ottimo strumento per mantenere viva la propria azienda: il 73% delle aziende del Bel Paese lo ha adottato in maniera "massiva", ovvero coinvolgendo tutti i dipendenti. Lo smart working è stato adottato soprattutto dalle aziende straniere con sede in Italia: il 90% lo utilizza fin dall'inizio dell'emergenza.
D'altra parte, per la maggior parte degli italiani questa nuova modalità di lavoro funziona bene. Infatti, il 90% esprime un giudizio favorevole, mentre due aziende su cinque dichiarano di volerlo utilizzare anche a emergenza finita. Perciò, nonostante questa modalità lavorativa è stata introdotta in un momento difficile, si è rivelato uno strumento che potrà essere sfruttato efficacemente in futuro.
Poi ci sono le prospettive future. La maggior parte delle aziende nostrane, il 67%, teme le ripercussioni sul lungo periodo. Tuttavia, c'è anche chi è ottimista: un terzo degli intervistati è fiducioso che la rinascita avverrà nell'arco di pochi mesi.
A confermare l’ottimismo di alcuni imprenditori è la ricerca di Deloitte. La società inglese ha analizzato i dati provenienti dalle serie storiche dell’Oms e dell’European Centre of Disease Prevention and Control, per un periodo che va dal 31 dicembre 2019 al 26 marzo 2020.
Sulla base di tre modelli di previsione, che mettono a confronto l’evolversi della pandemia in Cina e in Italia, lo stato di emergenza nel nostro Paese durerà fino alla fine di luglio. Ciò causerà una perdita economica preoccupante: le conseguenze sul Pil italiano vengono stimate nel -4,57% per il 2020, pari 80,650 miliardi di euro, con una perdita di circa 800 milioni di euro per il primo settore, 13,5 miliardi di euro per il secondo, e 137 miliardi di euro per il terzo settore.
Deloitte ha delineato quest’impatto economico analizzando i dati nazionali e regionali del valore della produzione resi noti dall’Istat nel 2018, e prendendo in considerazione un periodo ipotetico di emergenza. Tuttavia, le previsioni non sono totalmente negative. Secondo Deloitte, dopo questa grande perdita, l’Italia potrà contare su una ripresa economica con un conseguente contraccolpo positivo stimabile tra il 5% e il 10% nei diversi settori.