"Non bisogna fare errori di tempistica nella stretta alla spesa". Questa breve frase pronunciata dal commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni segna l’avvio dell’ennesima diatriba tutta europea che con molta probabilità, già dall’anno prossimo, ci porterà al collasso. In altre parole, in vista del possibile ripristino del Patto di Stabilità e Crescita, Gentiloni ha voluto sottolineare che la stretta alla spesa pubblica questa volta potrebbe rivelarsi fatale. E come dargli torto, dato che l’intera normativa europea in materia di economia si è rivelata fallimentare.
Se si volge uno sguardo al corso degli eventi passati, le dichiarazioni di Gentiloni, oltre ad essere fuori tempo, si riempiono di incoerenza. Occorre ricordare, infatti, che il Partito Democratico (di cui il commissario fa parte) ha partecipato, in maniera diretta e indiretta, alla formazione della normativa di cui sopra. Senza andare troppo indietro nel tempo, nel 2012, per esempio, il Pd approvò la ratifica del Fiscal Compact (una riforma del Patto di Stabilità e Crescita) e del MES. Dunque, è un po’ tardi per mettere le mani avanti.
Ad ogni modo, le preoccupazioni di Gentiloni trasmettono certamente il riflesso di un disastro. L’apparente benevolenza della Commissione europea ha un costo che si racchiude nei vincoli di bilancio previsti dalla normativa comunitaria. È in questo quadro che si inserisce il Patto di Stabilità e Crescita, un accordo internazionale partorito da una logica aziendalistica che vede lo Stato come un’impresa e applica alla politica il principio dell’economicità. Le conseguenze di un suo possibile ripristino già a partire dall’anno prossimo sono note a tutti, eppure, l’altolà del commissario ci lascia pensare che gli effetti potrebbero essere più drammatici del previsto.
Ciononostante, la risposta dei cosiddetti “falchi del rigore” non si è fatta attendere. Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, in un’intervista per il Corriere della Sera, ha spiazzato tutti lasciando intendere che il Patto di Stabilità sarà ripristinato il prima possibile. Queste le sue parole:
Non possiamo dire quando, data l’incertezza. Torneremo sul tema in autunno. Di recente lo European Fiscal Board ha suggerito che la clausola andrebbe rivista entro primavera prossima al più tardi.
Insomma, stando alle dichiarazioni del vicepresidente, già ad ottobre l’Unione Europea potrebbe presentarci il conto della sua “benevolenza”.
Dunque, quale sarà il peso delle conseguenze? Mentre la politica italiana si divide sul MES, in molti dimenticano che il crollo dell’economia e la conseguente spesa pubblica a sostegno della stessa provocheranno un incremento del nostro debito pubblico. Più precisamente, secondo le previsioni economiche della Commissione europea, aggiornate a maggio, il rapporto debito/PIL aumenterà dal 134,8% del 2019 al 158,9% di fine anno.
Se le stime fossero confermate, la crescita dell’indebitamento percentuale potrebbe segnare la definitiva “grecizzazione” dell’Italia. Si tratta di uno scenario che potrebbe diventare reale se al peggioramento dei conti dovesse seguire un eventuale accesso al MES. Occorre considerare, infatti, che il clima di sfiducia provocato dalla “juniorizzazione” dei nostri titoli di stato e l’incremento del rapporto debito/PIL, nell’incertezza di cui si circonda la politica monetaria europea, potrebbero compromettere l’accesso ai mercati da parte dell’Italia.
In una situazione del genere, la peggiore in assoluto, il nostro Paese non sarebbe in grado di fronteggiare le possibili pressioni degli Stati rigoristi. In quel caso non ci resterebbe altro che scegliere tra la completa sottomissione alla logica dell’ordoliberismo europeo o la completa rottura rispetto alla stessa.
Insomma, l’impressione è che ci si stia avvicinando ad uno scontro definitivo, dalla cui sorte dipenderà il destino dell’impero.