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La nascita della geo-biopolitica

La storia ci insegna che le grandi epidemie comportano effetti non solo sul piano della politica interna, ma anche degli equilibri geopolitici.

La Cina, che all’inizio dell’epidemia ha subito un danno di immagine da parte dei media internazionali (basti pensare al Chinese virus sdoganato da Trump e all’accusa di inesattezze nella comunicazione relativa al contagio), sta ora dimostrando un’inedita abilità nell’utilizzo del soft power che si esplica soprattutto in aiuti sanitari.

Approfittando del momentaneo impasse strategico degli Stati Uniti, il colosso della Nuova Via della Seta si è speso subito per riabilitare la sua posizione, tanto che già si parla di una futura guida cinese dell’economia globale e si legge in questi interventi l’intenzione di allargare la propria sfera di influenza.

Forse è troppo presto per fare certe previsioni, ma di sicuro tutti gli attori geopolitici (a cominciare dagli Stati Uniti) dovranno ben considerare in un prossimo futuro se è ancora possibile prescindere economicamente dalla Cina o addirittura sanzionarla. A tal proposito, anche la Russia avrebbe evidenti interessi a presentare il proprio lato umanitario al fine di ottenere l’annullamento delle sanzioni dovute ai fatti in Crimea.

C’è poi un altro fenomeno da considerare: la chiusura dei confini e il protagonismo decisionale degli Stati spingono molti osservatori a profetizzare la fine della globalizzazione a vantaggio del nazionalismo economico.

Ancora una volta la storia ci fa pensare all’epidemia come un fattore determinante di cambiamento che può provocare addirittura la caduta di grandi imperi; o meglio, ai giorni nostri, dell’impero, nome con cui i filosofi Michael Hardt e Toni Negri hanno ribattezzato il dominio globale del capitalismo nell’omonimo saggio del 2003. 

Ma forse, più che alla fine di un’era, la tendenza ci porta a una maggiore complessità del fenomeno e all’accentuazione di caratteristiche già esistenti. 

Un passo del libro Impero afferma che la globalizzazione “cerca di dominare direttamente la natura umana [...]; in tal modo, l'Impero costituisce la forma paradigmatica del biopotere”.

Se è vero che la biopolitica (la normatività applicata alla vita) non è nuova ma è anzi costitutiva delle dinamiche globali, l’epidemia di Covid-19 porterà probabilmente a una ridefinizione degli equilibri in ambito geobiopolitico.

La valutazione delle misure di igiene e sicurezza nonché dello stato di salute di ogni membro della popolazione potrebbe comportare effetti immediatamente politici ed economici su scala internazionale.  

La nascita della geo-biopolitica (per riprendere, modificandolo, il titolo di un famoso saggio di Michel Foucault) è un processo che ormai ci accompagna da qualche anno e che tende a far diventare i dati personali il nuovo oro del mercato globale.

Basti pensare al “modello sudcoreano” di sorveglianza destinato a ispirare le nazioni anche dopo l’epidemia, in cui gli spostamenti e lo stato di salute dei contagiati vengono monitorati dal governo e comunicati ai cittadini tramite sms.

La datificazione della vita, oltre ad affiancarsi, com’è prevedibile, allo stigma sociale dei “sospetti”, assume importanza anche a livello economico. Si può immaginare che sui dati si combatteranno le guerre commerciali di domani: il loro possesso permette una vera e propria mappatura dei bisogni utile a imprese e fornitori di servizi, per non parlare poi di una temuta trasparenza di informazioni sensibili riguardanti il governo e le forze armate di uno Stato che ne comporterebbe la vulnerabilità.

In un regime di datacrazia, la forza geopolitica di un Paese coincide con il suo grado di sviluppo tecnologico. Da questo punto di vista, la Cina sta facendo dei passi da gigante superando anche gli Stati Uniti. Basti pensare ai progressi nell’uso del 5G.

Da sempre l’economia si basa sul confronto tra merci e bisogni: ma cosa succederebbe se il bisogno stesso diventasse una merce? 

La tecnologia applicata alla sicurezza ha permesso di tutelare le nostre vite rendendole, paradossalmente, “pubbliche”, ovvero accessibili alle istituzioni che garantiscono questo servizio, ma anche e sempre più spesso a enti terzi che hanno l’interesse (spesso economico) di conoscere abitudini e tendenze di consumo. 

E forse, dopo l’epidemia, l’inasprimento delle misure di controllo giustificato dall’emergenza rischia per molti Paesi di diventare la prassi.

Fonti:

  1.  L. Lamperti, Coronavirus game changer geopolitico. Cina alla guida del post COVID-19?, www.affaritaliani.it, 15/03/2020
  2. M. Dassù, Come il Coronavirus modificherà la geopolitica. L’analisi di Dassù, www.startmag.it, 08/03/2020
  3. M. Hardt, T. Negri, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Rizzoli 2003, p. 11
  4. K. Riccardi,Coronavirus, gli sms della Corea del Sud sulle tracce dei contagiati. Un grande fratello che spaventa più del virus, www.repubblica.it, 06/03/2020
Data
6 Aprile 2020
Articolo di
Sara Nocent

Sara Nocent

TAG
biopolitica, cina, Coronavirus, stati uniti

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Sara Nocent

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Studio Lettere moderne. Mi interesso di sociologia e filosofia e sono alla ricerca di un linguaggio più vicino alle cose.

Commenti

  1. Il delirio di onnipotenza della tecnica, fra intelligenza artificiale e politica 1 Dicembre 2020 alle 08.45

    […] di righe di codice e di Big Data possono intendere il movimento di “streben” dell’uomo verso la […]

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