Non è semplice spiegare ai “foresti” il legame, anzi l'ossessione che lega (o meglio, Lega) i veneti al prosecco. Vino per eccellenza della regione e fra i più venduti al mondo (700 milioni di bottiglie fra DOC e DOCG nel solo 2023), questo spumante economico e di facile produzione (il metodo Martinotti-Chamat basato su 2 fermentazioni, prima in autoclave e poi in cisterna, rende agevole la spumantizzazione “di massa”) nel corso dei decenni si è guadagnato un ruolo culturale ed economico nella regione, tale da farne un elemento identitario al fianco del Leone Marciano e di Giulietta.
Un'ascesa economico-culturale che è andata di pari passo con l’inesorabile espansione delle aree coltivabili dedicate alla glera, vitigno a bacca bianca da cui si ricava l’onnipresente spumante. Nel 2017 gli ettari riservati a questa varietà in Veneto (e in minima parte in Friuli) erano 24.450, ma già nel 2022 raggiungevano i 28.100. Inoltre, nel febbraio dello scorso anno è arrivato il via libera delle giunte regionali veneta e friulana per l’attingimento di superficie a glera di ulteriori 10.000 ettari, di cui 6.500 in Veneto. Già nel 2019 uno studio dell’Università di Padova1 (liberamente consultabile qui) rilevava che la coltivazione intensiva della vite per il prosecco sarebbe responsabile del 74% dell’erosione totale del suolo nella Marca Trevigiana.
Politica e bollicine
Il prosecco ha un enorme peso specifico: economico, sociale, territoriale. Dunque, non sorprende che anche il potere politico locale riservi all’industria della bollicina un occhio di riguardo. È soprattutto il caso della provincia di Treviso, dove si concentra la metà della produzione regionale. Treviso è uno storico feudo leghista, in particolare del presidente di regione Luca Zaia - trevigiano, ça va sans dire.
Oltre al già citato allargamento della superficie di glera destinata al prosecco e ai generosi contribuiti regionali al settore (di fatto slegati da criteri di sostenibilità ambientale), il capolavoro del complesso rapporto fra prosecco e politica è il riconoscimento da parte dell’UNESCO delle colline del prosecco, fra Conegliano e Valdobbiadene, come patrimonio dell’Umanità, celebrato in pompa magna dall’amministrazione regionale e dall’Unione Italiana Vini.
Il circolo vizioso della prosecchizzazione
Dagli organi internazionali sono però arrivati anche messaggi meno apprezzati a Palazzo Balbi. Ne è un esempio la relazione degli ispettori ONU guidati da Marcos Orellana, che ha individuato nella monocoltura vitivinicola del trevigiano uno dei siti più inquinati (e inquinanti) d’Italia. “Il Relatore speciale è preoccupato per il significativo incremento del volume di pesticidi utilizzati in Veneto, in particolare nelle aree di coltivazione del prosecco. L'area è uno dei maggiori consumatori di pesticidi per ettaro del Paese, con un utilizzo equivalente a un metro cubo di pesticidi per abitante all'anno”, si legge laconicamente nel testo.
La relazione, datata 2021, invitava inoltre il governo italiano a ratificare la convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, massicciamente impiegati nella coltivazione della glera. Nonostante la relazione siglata dall’ONU, la regione Veneto ha chiesto nel luglio di quest’anno la deroga per il clorpirifos, pesticida tossico, da impiegare nei vigneti del prosecco. A bloccare la deroga è intervenuto stavolta il Ministero dell’agricoltura.
Negli anni diverse associazioni locali e forze politiche si sono interessate all’insostenibilità dell’industria del prosecco, ma il problema sembra oggi di difficile soluzione. L’allargamento della superficie coltivabile, infatti, ha danneggiato irrimediabilmente il territorio della provincia di Treviso, con amministrazioni locali che hanno sistematicamente avallato disboscamenti per soddisfare la vertiginosa crescita della produzione di anno in anno. Il minimo rallentamento potrebbe far esplodere una bolla alimentata per decenni con effetti imprevedibili sull’economia veneta, e in particolare su quella trevigiana. Con un prezzo politico che il "Doge” Zaia non può certo permettersi di pagare.