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Teoria e pensiero economico

Il mercato del lavoro nella teoria di Marx

Una nota teorica sui concetti più rilevanti

Una nota teorica sui concetti più rilevanti nella teoria marxiana del lavoro.

In un'economia di mercato la soddisfazione dei bisogni sociali passa attraverso la produzione e lo scambio di merci contro denaro. Se guardiamo alla società nel suo complesso, uno scambio in particolare si rende necessario alla produzione delle merci: lo scambio che avviene nel cosiddetto mercato del lavoro.

A questo punto bisogna porsi un interrogativo: qual è l’oggetto di scambio di questo mercato? È il “lavoro”?

Il lavoro può essere definito come attività rivolta ad uno scopo. In particolare, nella società capitalistica, si può definire come attività rivolta alla produzione di merci (tangibili o intangibili). È un’attività che, per l'appunto, avviene nella produzione, e non nella definizione delle condizioni dello scambio tra imprese e lavoratori. Quest'ultima costituisce un momento logico precedente.

Ciò che si scambia nel mercato del lavoro è la forza lavoro intesa in senso marxiano, ossia la capacità lavorativa per un determinato periodo di tempo in cambio di un salario. Chi offre forza lavoro lo fa per ottenere denaro per garantirsi la sussistenza; chi domanda forza lavoro lo fa per far sì che i mezzi di produzione possano funzionare.

Nella teoria marxiana la differenza tra “lavoro” e “forza lavoro” è una distinzione concettuale sostanziale che non esiste in altri paradigmi teorici: la forza lavoro è capacità lavorativa; il lavoro è forza lavoro in atto, attività lavorativa.

Quindi, il valore della forza lavoro 1Il salario - o il monte salari in termini aggregati. è diverso dal valore creato dal lavoro nella produzione. In particolare, considerando la società nel suo complesso, se ciò che il lavoro producesse in termini di valore fosse uguale a quanto corrisposto come salari, non vi sarebbe la quota dei profitti, che è il fine ultimo della produzione in un sistema capitalistico.

Ne deriva che il valore creato con il lavoro è maggiore del valore della forza lavoro e questa differenza costituisce, nella teoria marxiana, il plusvalore. Il plusvalore diviene profitto una volta che avviene l’effettiva vendita delle merci prodotte nel mercato.

Il reinvestimento viene definito accumulazione del capitale. L’accumulazione del capitale e la concorrenza portano ad un aumento della produttività del lavoro, incrementando l’estrazione di plusvalore: l’aumento della produttività del lavoro come conseguenza dell’applicazione della scienza, dello sviluppo tecnologico ai processi produttivi permette una maggiore creazione di valore anche a parità di tempo di lavoro.

Nella teoria marxiana questa dinamica prende il nome di plusvalore relativo. Essa, crea, come tendenza, la cosiddetta disoccupazione tecnologica, che aumenta sempre di più fino a non essere più riassorbibile nei processi di produzione. Si forma così una “sovrappopolazione relativa”, ossia una popolazione lavoratrice in sovrannumero rispetto alle esigenze di produzione delle imprese.

La sovrappopolazione relativa segue l’andamento ciclico dell’accumulazione ossia le fasi cicliche di crescita, crisi e ripresa, proprie di un’economia capitalistica. Essa si manifesta fenomenicamente in diverse forme: fluttuante, latente e stagnante a cui corrispondono rispettivamente a ciò che possiamo definire come forme di precariato, di disoccupazione e di inattività lavorativa.

Data
28 Dicembre 2022
Articolo di
Alessandro Bonetti

 

TAG
divulgazione, forza lavoro, karl marx, lavoro, mercato del lavoro, plusvalore
Editing

Alessandro Bonetti

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