Il tema del momento è senza dubbio la transizione verde e come possiamo organizzarla efficacemente. Il problema non è come "trovare i soldi" per finanziarla. Il problema è come "trovare le risorse reali" per realizzarla.
Keynes una volta disse in un discorso alla BBC che "tutto ciò che possiamo effettivamente fare ce lo possiamo permettere". Adam Tooze ha brillantemente spiegato cosa intendeva Keynes e la crisi pandemica ci ha confermato che i soldi, quando servono, si trovano.
Il vero problema è raccogliere e organizzare le risorse reali.
Nella nostra situazione di disoccupazione di massa (soprattutto in Europa), ciò che certamente non manca sono i lavoratori disponibili.
Da un punto di vista strettamente economico, i lavoratori disoccupati sono risorse reali inutilizzate. La disoccupazione, non la spesa pubblica, è il grande spreco della nostra economia.
E non possiamo neanche trascurare "la frustrazione e lo sconvolgimento che la disoccupazione porta alle comunità umane" (Federico Caffè, Scritti quotidiani).
In Italia gli ultimi dati ci dicono che ci sono:
- 2,4 milioni di disoccupati
- 1,4 milioni di lavoratori scoraggiati, che non appaiono nelle statistiche sulla disoccupazione perché hanno smesso di cercare un lavoro
(maggiori dettagli qui).
Per affrontare la disoccupazione non basta stimolare l'economia. Abbiamo bisogno di "lavori concreti", per dirla con Giorgio Lunghini: "lavori destinati immediatamente alla produzione di valori d'uso… principalmente lavori di cura, in senso lato, delle persone e della natura" (L'età dello spreco, 1995).
Ma per raggiungere questi obiettivi deve intervenire lo Stato: il settore privato non lo farà da solo.
Certo, c'è bisogno di formazione e riqualificazione dei lavoratori e di molte altre cose. Ma di nuovo: "Tutto quello che possiamo effettivamente fare ce lo possiamo permettere".
Ciò di cui abbiamo bisogno non è solo un sostegno alla domanda, ma anche un vero "progressismo dal lato dell'offerta", come Ezra Klein ha scritto sul New York Times.
I tabù stanno crollando. Pensate a cosa ha detto recentemente Francesco Giavazzi, il massimo consigliere di Draghi e (ex) sostenitore dell'"austerità espansiva". Una giornalista ha chiesto a Giavazzi del debito pubblico. La sua risposta è stata: "Il debito è un concetto del secolo scorso".
Giavazzi ha sottolineato che "se non hai un piano buono chiudi il rubinetto, se invece hai un buon progetto lo finanzi". Sembra quasi di sentire Stephanie Kelton, non è vero?
Una volta che l'"albero magico dei soldi" non è più un tabù, a chi è permesso cogliere i suoi prelibati frutti? È a questo punto che la politica, spinta fuori dalla porta, rientra dalla finestra.