Nonostante l'emergenza Covid-19, lo scorso 5 marzo la Commissione europea si è riunita per discutere nuovamente di parità tra uomini e donne. Mai come oggi, il ruolo delle donne nel mondo del lavoro potrebbe essere determinante per risollevare l'economia europea e nazionale: ciò aprirebbe il mercato a più figure professionali, qualificate per una necessaria e sempre più richiesta riconversione digitale e/o verde delle aziende, dando respiro e nuove aperture ad un mercato al limite del collasso.
Nonostante i progressi compiuti, violenze e stereotipi di genere e sessuali persistono: un problema che non può più essere nascosto sotto al tappeto. Ridefinire il nostro sistema economico e sociale basato sul consumo, sulle relazioni di profitto e di disparità passa anche dal rivedere dei paradigmi culturali sul gentil sesso ormai superati: le donne, oltre ad essere mogli e madri possono garantire una crescita del PIL del 3% per ogni milione assunto e se inserite nelle posizioni decisionali aziendali, migliorano la redditività e la governance, diminuendo la corruzione.
L'UE, entro la fine del 2020, tramite delle norme specifiche, vuole intervenire sul problema del gender gap salariale, delle attività on line illecite contro le donne, tutelandole anche dalle violenze psicologiche ed i ricatti sessuali sul posto di lavoro e garantendone l'equilibrio tra vita professionale e privata, in modo che possano avere una crescita personale e lavorativa allo stesso livello degli uomini.
In Italia, non si può ignorare, anzitutto, che la quarantena da Covid-19 abbia influito negativamente sul fatturato delle imprese. A pagarne maggiormente il prezzo potrebbe essere quelle a conduzione femminile (in Trentino ad esempio, hanno già subito perdite fino al 66% in base ai dati IF imprenditoria femminile) destabilizzando una situazione già di per sé precaria nonostante le agevolazioni previste per le giovani donne imprenditrici per l'apertura di partire iva e start-up, a partire da gennaio 2020, ed il rinnovo della legge sulle quote rosa da tre a sei mandati consecutivi con i Cda delle società quotate composti per almeno due quinti da donne (e non più almeno un terzo).
Le donne, infatti, oltre ad incontrare più ostacoli all'accesso nel mercato del lavoro, guadagnano ancora in media il 16% in meno degli uomini pur avendo maggiori qualifiche (il numero delle laureate è superiore a quello dei laureati). Di queste solo l'8% riesce concretamente ad avere un ruolo in un Cda. Tutti numeri che dopo la quarantena potrebbero solo peggiorare.
L'Italia resta fanalino di coda nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum( 41° posto e 111° per partecipazione socioeconomica) surclassata dalla Svezia che già dal 2010 si è mossa per garantire le stesse condizioni di lavoro per uomini e donne. Una strada giusta potrebbe essere l’investire in un’economia sostenibile e nel fundraising dando così maggiori opportunità alle imprese femminili di crescere in un settore ancora da scoprire. Un aspetto evidenziato anche da Ashoka (ONG che riunisce la più ampia rete di imprenditori e innovatori sociali a livello mondiale) tramite il report Celebrating ChangemakHERS, How Women Social Entrepreneurs Lead and Innovate, in occasione della Giornata Internazionale della Donna 2019, dipingendo una roadmap utile per creare ambienti inclusivi per le donne nel settore dell’innovazione sociale.
Sarà essenziale, per raggiungere questo scopo, ribaltare i modelli di leadership tradizionali che utilizzano un approccio dall'alto verso il basso che tende ad escludere le donne e le minoranze, in “leadership di comunità” che privilegiano l'empatia, l'altruismo e considerano l'esperienza individuale e collettiva ad ogni livello, indipendentemente dal genere, utili per affrontare ogni situazione in modo più proficuo per l’ambiente, gli uomini e le donne quanto per le imprese.
Potrebbe essere utile celebrare le storie delle imprenditrici sociali come modello di riferimento per generazioni future più consapevoli a cui dare più occupazione e maggiori responsabilità lavorative ma anche continuare a supportare le madri lavoratrici, ribaltando stereotipi e paure sul congedo di maternità, includendo gli uomini ed i ragazzi che si devono occupare da soli dei figli o che vogliono aiutare le mogli vittime di mobbing.