Si parva licet componere magnis, una piccola storia di politica locale può esserci d’aiuto per comprendere lo stato dell’arte nell’attuazione pratica del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il piano su cui impostare il rilancio economico dell’Italia è già stato oggetto di numerose discussioni. È cosa nota che la sua attuazione sta generando diffuse criticità e imbarazzi, tra difficoltà nella “messa a terra” in mano ai singoli territori e la resistenza passiva del governo in carica, guidato dal partito che al piano stesso si era opposto e che più di tutti è refrattario al tema della transizione ecologica. Il singolo caso aneddotico di Porto San Giorgio (provincia di Fermo, Marche), ci dà una misura significativa del rabberciato divenire dei progetti in corso per il PNRR, a livelli che sfiorano il paradosso in maniera tragicomica.
Porto San Giorgio ha visto destinare 4 milioni di euro alla riqualificazione urbana del suo lungomare (sul sito OpenPnrr si possono vedere i dettagli). I fondi derivano dalla “Missione 5 - Inclusione e Coesione” e, nello specifico, rientrano nel quadro degli “Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale". Chi legge e conosce il Piceno ha già compreso la contraddizione: i fondi per la marginalità sociale vengono destinati al rifacimento di un tratto di lungomare in buone condizioni (realizzato nel 1993 su progetto del teorico del restauro Marco Dezzi Bardeschi) nel comune con il reddito pro capite più elevato della propria provincia.
Astenendoci dal commentare l’assurda decisione di destinare i fondi per il rilancio economico del sistema-Paese alla riqualificazione di un lungomare, il paradosso invece si rivela nella sua interezza quando ci si addentra nelle questioni di natura progettuale. Non è qui in discussione l’operato dei progettisti, quanto l’incoerenza delle richieste da parte dell'amministrazione: il comune ha imposto infatti l'eradicazione di una fila intera di tamerici, che caratterizza il tratto di lungomare sud della cittadina, al fine dichiarato di ricavare spazio per i parcheggi delle automobili.
È del tutto anomalo e imbarazzante che l’auspicata transizione ecologica venga perseguita togliendo spazio proprio agli alberi per assicurarlo alle auto.
Si può comprendere la fretta imposta dalle scadenze nella realizzazione, la necessità di spendere i soldi del PNRR “non importa come”. Ma, spesi così, rischiano di essere come gettati al vento.

Tra i cittadini la questione non è passata in sordina. Anzi, sono nati numerosi tentativi civici di sensibilizzazione ad opera di vari comitati (Italia Nostra Fermo, Legambiente Fermo, Comitato per la Mobilità Dolce, Comitato per la salvaguardia di viale Cavallotti e del verde di Porto San Giorgio, Fiab Costa Macerata Fermo, Società Operaia G. Garibaldi Porto San Giorgio, Gruppo Spontaneo Nelnostropiccolo) che si daranno appuntamento per una manifestazione a difesa delle tamerici il 26 novembre. Nonostante ciò, l’amministrazione continua a fare orecchie da mercante, prosegue dritta per la sua strada e non cede, sostenendo al più che le tamerici saranno poi ripiantumate in altro luogo senza danno, per procedere spedita col cantiere.
La situazione non è nata dal nulla: l'idea diffusa nell’imprenditoria balneare locale è che non si possa fare turismo senza la possibilità di parcheggiare la propria auto a ridosso dello stabilimento balneare. L’amministrazione di Porto San Giorgio ha sùbito prestato il fianco a questa richiesta, un importante passo indietro rispetto alla precedente realizzazione della corsia ciclabile (Porto San Giorgio è stato uno degli ultimi comuni della riviera Adriatica ad averla realizzata) che aveva imposto una riduzione delle aree parcheggio.
Si potrebbe in ogni caso sostenere, in contrario, che questi soldi sono comunque utili per l’economia turistica. Tuttavia, dopo anni in cui il turismo è stato elogiato come “petrolio d’Italia”, esso sta rivelando le sue criticità per il territorio nazionale, come rileva anche un noto studio della Banca d’Italia.
Se proprio si decide di investire nel turismo, si realizzino quantomeno degli spazi pubblici e delle infrastrutture in linea coi tempi, ancor più in un Piano che mette al suo centro la transizione ecologica: spazi a misura di pedone e ciclista, accoglienti e a favore della socialità, verdi, permeabili, con un progetto di paesaggio e funzionali alla resilienza ecologica dei territori, soprattutto in aree, come le Marche, spesso alle prese con problemi idrogeologici.
L’Italia, al contrario, resta fieramente il Paese in cui gli spazi pubblici si disegnano a misura d’auto. Così, 4 milioni per la transizione ecologica vengono sprecati per sostituire gli alberi con un parcheggio. Si spera che quanto sta accadendo a Porto San Giorgio non sia un caso troppo rappresentativo del Belpaese.