Secondo quanto riportato per primo dal Foglio il 16 giugno, il governo di Mario Draghi ha attivato una nuova task force con l’incarico di valutare l’impatto degli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Essa opererà all’interno del "Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica", inserito nel Dipartimento per la programmazione economica diretto da Marco Leonardi (ordinario presso il dipartimento di Economia dell’Università Statale di Milano).
Il suo ruolo è stato in seguito precisato da Palazzo Chigi. Comunque, che i compiti dei nuovi consulenti siano di vera e propria valutazione, monitoraggio o semplice produzione di pareri tecnici, all'interno della task force vi sono due nomine particolarmente inopportune: quella di Riccardo Puglisi, professore associato dell’Università di Pavia, e quella di Carlo Stagnaro, Direttore Ricerche e Studi dell’Istituto Bruno Leoni. Siamo davvero sicuri che siano le personalità più adatte a ricoprire un ruolo così delicato?
A maggio 2020 Puglisi criticò con un grafico domanda-offerta la scelta del governo di calmierare il prezzo delle mascherine, che secondo lui doveva essere lasciato alle forze di mercato.
Di Riccardo Puglisi ricordiamo bene anche l’arroganza su Twitter, specialmente verso studenti e ricercatori con cui si trova in disaccordo.
Nel 2019 Puglisi dichiarò che a suo parere i due “grandi nemici” della produttività in Italia sarebbero “l’egualitarismo sciocco” e il “pensiero keynesiano sciocco”. Ma forse il Professore non ha ben letto gli studi sugli effetti delle disuguaglianze sulla crescita economica dell’Ocse e del Fondo Monetario Internazionale. Questo per restare in un campo “neutro”, poiché anche gli studi di Piketty e altri sono molto chiari sul tema. Così come non si capisce il nesso tra il pensiero keynesiano e la stagnazione della produttività. La dinamica insoddisfacente della produttività in Italia dipende da altri fattori, come l’accesso al credito, il calo degli investimenti, la competitività fatta sui bassi salari e non sull’innovazione.
Nell’aprile del 2020 Puglisi dichiarò che la battaglia contro il MES era equivalente alla battaglia contro l’euro, sfruttando il clima di confusione e incertezza causato dalla pandemia. Questa posizione al tempo apparì (e tuttora appare) del tutto inappropriata.
In quel periodo, infatti, vi fu un ampio dibattito sulla necessità di ricorrere al MES o all’emissione di eurobond. Economisti autorevoli, per nulla eterodossi e oltretutto stimati da Puglisi stesso, come Guido Tabellini, furono sostenitori proprio dell’opzione eurobond. Ed economisti che non si possono accusare di simpatie euroscettiche, come Jean Pisani-Ferry, manifestarono il loro sostegno all’Italia nel chiedere garanzie preventive sull’eventuale accesso ai fondi del MES.
Nel giugno del 2020 Puglisi dichiarò invece che le scuole sarebbero state subito riaperte se solo i professori avessero avuto anche loro la paura di essere messi in cassa integrazione. Una posizione che offende il ruolo degli educatori: l’apertura o chiusura delle scuole viene effettuata su criteri scientifici.
Ci chiediamo se l’astio nei confronti dei dipendenti pubblici non possa pregiudicare le valutazioni del professor Puglisi. Proprio lui, nel mezzo della pandemia, si fece sostenitore, insieme ad altri economisti liberisti, di un contributo di solidarietà da parte dei dipendenti pubblici nei confronti di quelli privati. Dipendenti pubblici che, a guardare un po’ più a fondo, non navigano nell’oro. Gli stipendi pubblici in Italia sono diminuiti negli ultimi anni, lasciando molte persone in grandi difficoltà.
Un aiuto più sostanzioso alle categorie colpite dalle chiusure era ed è necessario: questo però non può e non deve implicare un ulteriore danno alla già precaria situazione di tanti lavoratori e lavoratrici nel settore pubblico.
Inoltre, seguendo la linea di pensiero propugnata dall’area politico-culturale a cui afferisce Puglisi (i cui motti sono meritocrazia e competenza), il governo avrebbe potuto (anzi dovuto) ricorrere a esperti ben più ferrati rispetto a Puglisi sui temi di cui si occuperà la task force (ossia la valutazione dell’impatto degli investimenti del Recovery, almeno secondo le ricostruzioni del Foglio). Il campo di ricerca di Puglisi è infatti quello della political economy e dell’analisi dei media, come si legge anche sul suo profilo Linkedin.
D’altronde, come dimostra un recente scambio con Luigi Marattin su Twitter, fino a poco tempo fa Puglisi non sembrava nemmeno avere una conoscenza approfondita del contenuto del Pnrr.
Non è la prima volta che Puglisi si addentra in questioni non di sua stretta competenza. Questo sarebbe un bene se il suo contributo fosse di buon livello. Ma, come dimostra una pubblicazione di quasi un anno fa con il professore e medico Zangrillo, pare non essere così. Il loro modello - un banale data fitting su scatter plot - sull’andamento del tasso di mortalità 50 giorni dopo il raggiungimento di 0,1 morti su milione di abitanti comprendeva 14 paesi, di cui 2 outlier. La rappresentatività del campione era altamente discutibile, avendo lasciato fuori paesi che hanno gestito la pandemia efficacemente come Corea del Sud, Australia, Taiwan, Vietnam. Lasciamo le dovute considerazioni ai lettori.
Veniamo ora a Carlo Stagnaro. Appare quantomeno paradossale che il Presidente del Consiglio, che durante il suo discorso inaugurale affermava di voler lasciare alle future generazioni un buon pianeta oltre che una buona moneta, abbia nominato una persona che nel corso degli anni ha curato libri scettici sul riscaldamento climatico come “Dall'effetto serra alla pianificazione economica. Il riscaldamento globale e il dirigismo ecologico”. Ha altresì curato pubblicazioni contro gli "allarmismi" nei confronti del tabagismo e ha scritto a favore della diffusione delle armi.
Ma quello che vogliamo sottolineare è che Carlo Stagnaro, come Serena Sileoni, è affiliato all’Istituto Bruno Leoni. Si tratta di un istituto di destra neoliberale che gode di legami con think tank Oltreoceano che hanno influenzato la politica americana degli ultimi anni. Nel corso degli anni l’Istituto ha sposato posizioni sulla crisi climatica che alcuni (come Antonio Scalari su Valigia Blu) hanno definito “negazioniste”.
Ci chiediamo se una democrazia come quella italiana possa permettersi ben due membri di un tale istituto (Sileoni e Stagnaro) in posizioni di alta responsabilità proprio durante l'implementazione del Next Generation EU. Un progetto da cui, come afferma lo stesso Presidente del Consiglio, dipende il destino dell’Italia.
Queste due nomine non vanno nella direzione auspicabile: quella di una ripartenza più equa, più sostenibile e più inclusiva. Una chiusura a riccio del potere di questo tipo è una chiara manifestazione delle istituzioni estrattive di cui scrivono Acemoglu e Robinson, e rappresenta un ulteriore vulnus all’assetto democratico del paese. “Cambio di passo” sì, ma in un senso reazionario e fuori dal tempo.
Dagli Stati Uniti sta partendo un grande cambiamento del paradigma economico. Le discussioni di politica economica sono sempre più accese e plurali. E mentre al G7 Mariana Mazzucato rappresenta l’Italia nel “Panel per la resilienza economica”, portando una ventata di freschezza, in patria ci si continua ad affidare a idee, o meglio ideologie, inadeguate (per usare un eufemismo).
Il nostro Paese non può permetterselo.
L'articolo è stato aggiornato nel pomeriggio di giovedì 17 giugno per tenere conto delle precisazioni emerse dalla stampa.