Ieri Mario Draghi ha mandato un messaggio di grande forza, aprendo gli occhi all'establishment economico-finanziario internazionale e all'Europa intera circa la necessità di un intervento pubblico poderoso per il salvataggio delle economie di fronte al rischio coronavirus.
Oggi i falchi del rigore e dell'austerità, i presunti "furbi d'Europa", hanno forse gettato alle ortiche l'ultima occasione di sfatare una percezione sempre più forte: che l'Unione Europea, così come è strutturata, è inadeguata per rappresentare con forza e decisione l'Europa, la sua storia millenaria, i suoi popoli, le sue tradizioni, la sua cultura e la sua potenzialità.
Se l'Unione Europea non reggerà la crisi del coronavirus la colpa non sarà certamente di chi, come l'Italia e la Spagna, ha posto con coraggio il veto alle conclusioni di un Consiglio europeo che sarà ricordato per lo straniamento dalla realtà di molti suoi partecipanti. Il messaggio è chiaro e cristallino: tempi eccezionali, crisi di questa portata e minacce sistemiche tanto grandi richiedono misure all'altezza, innovative e profondamente efficaci.
Da chi con moralismo tante volte ci ha additato, indicandoci come "Piigs", è arrivata una risposta di pura e semplice ottusità: l'Unione Europea non rischia di affondare certamente per colpa della sua componente mediterranea. Ma per una consolidata incapacità di fare i conti con la realtà di chi, anche di fronte alla più grave pandemia dell'ultimo secolo, si è sempre considerato centrale nella sua conduzione.