ll nome di Paul Tang è stato sino ad ora oscuro nel contesto del panorama politico comunitario. Olandese, 53 anni, esponente del Partito Laburista, a lungo in passato partner di centro-sinistra della coalizione liberale guidata da Mark Rutte, e eurodeputato dal 2014, Tang è salito di recente all'onore delle cronache per esser stato nominato presidente del sottocomitato permanente sulle questioni fiscali dell'emiciclo di Strasburgo.
La nomina fa decisamente discutere, non fosse altro per la nazionalità stessa del membro del gruppo dei Socialisti e Democratici, di cui fa parte anche il Partito Democratico italiano. Tang, infatti, ha la cittadinanza del Paese che maggiormente lucra in Europa sul problema dell'elusione e dell'evasione fiscale. A fine 2018 il viceministro delle Finanze Menno Snel ha dovuto ammettere ciò che nel mondo economico-finanziario già si sapeva: l’Olanda è di fatto un enorme paradiso fiscale.
Dei 4.500 miliardi di euro transitati nel Paese (oltre 5 volte il Pil dell’Olanda) nel 2017, lo Stato ha potuto esercitare la sua capacità impositiva solo su 200 di essi, meno del 5%, su cui tra l'altro aleggiano i favoritismi a imprese e gruppi multinazionali concessi a seguito di accordi ad hoc con L'Aja. Più di recente, Vladimir Putin ha messo nel mirino il ruolo giocato dai paradisi fiscali europei nel drenare risorse dall'economia russa, e per quanto riguarda il nostro Paese si stima che siano tra i 4,5 e i 7 i miliardi di euro sottratti all'erario dalle politiche fiscali accomodanti dei paradisi interni all'Ue, di cui l'Olanda rappresenta l'esempio più emblematico.
L'Olanda, in cui mediamente l'imposta sulle società realmente versata si aggira poco sotto il 2,5%, finanzia con la competizione fiscale le sue strategie economiche e commerciali di stampo mercantilista, incentivando il gioco alla competizione interna all'Europa e cavalcando il mito del rigore sui conti e dell'austerità ben sapendo di "barare" sul fronte erariale a danno degli altri membri dell'Unione. Ora, la Commissione e il Parlamento Europeo sono a caccia di risorse per poter completare i finanziamenti del Recovery Fund e chiedono una sistematizzazione dei regimi erariali europei per poter meglio strutturare le nuove tasse comunitarie. Da qui la necessità di una commissione in grado di mettere in campo politiche tese a favorire la trasparenza finanziaria e la lotta alla frode fiscale, all'evasione fiscale e all'elusione fiscale.
Qui entra in campo Tang. La cui nazionalità lo rende un potenziale indiziato. Ma che nel suo curriculum ha anche esperienze certamente meno ambigue. “L’Olanda deve cambiare: basta elusione fiscale”. Così Tang, che vanta un curriculum da economista, ha detto nello scorso aprile intervistato da Il Fatto Quotidiano. Tang, nell'occasione, ha anche sostenuto l'ipotesi della mutualizzazione del debito, per quanto con quantità di risorse ridotte, in funzione anti-crisi. Inoltre, quando a marzo 2018 l'Europarlamento ha votato su una proposta del deputato francese Alain Lamassoure (Partito popolare europeo), approvando la sua mozione per una base imponibile comune a livello europeo per l’imposta sulle società, Tang non si è opposto, nonostante questa proposta finisse indirettamente per penalizzare l'Olanda.
Erano i tempi, non dimentichiamolo, in cui il governo de L'Aja muoveva una campagna durissima a favore del rigore sui conti pubblici e la difesa della trincea dell'austerità assieme ai partner della Nuova lega anseatica la cui costituzione, non bisogna dimenticarlo, era iniziata durante il secondo governo Rutte, tra il 2012 e il 2017. Nella cui squadra i liberali di Rutte erano affiancati proprio dai laburisti, che col ministro degli Esteri Frans Timmermans e il ministro dell'Economia Jeroen Dijsselbloem sono stati complici della linea-Rutte.
Tang è dunque un battitore libero sulla cui onestà e sulle cui opinioni politiche personali, per ora, non c'è motivo di dubitare. Ma sul lungo periodo, quanto può risultare credibile che la commissione sull'elusione fiscale colpisca l'Olanda che ne è centrale di riferimento quando il suo capo proviene proprio da quel Paese? E soprattutto, quanto vorrà spingere sull'acceleratore quel Partito Laburista che, messo a terra alle elezioni politiche, è accreditato nei sondaggi di un misero 9% dei suffragi contro il 21% dei liberali in vista del voto del prossimo autunno?
L'opinione pubblica olandese ha premiato la linea individualista e cocciuta del premier, su questo non ci sono dubbi: al di là di ogni convinzione personale, dunque, difficilmente la nomina di Tang cambierà qualcosa nell'indagine sui paradisi fiscali europei. Non stiamo certamente parlando di una nomina di Dracula a capo dell'Avis, ma di quella che potrebbe essere l'ennesima occasione sprecata dall'Europa per risolvere una sua problematica intrinseca.
[…] Paese che, assieme ad Irlanda e Lussemburgo, è a tutti gli effetti il principale paradiso fiscale interno all’Eurozona, attua una concorrenza fiscale al ribasso e permette ai grandi imprenditori […]