Se il food delivery rappresenta un settore all’avanguardia nello sfruttamento della manodopera, i lavoratori della categoria hanno dimostrato un dinamismo e una capacità di reagire a questo sfruttamento altrettanto potente. Fra di loro c'è il primo sindacalista dei rider, Yiftalem Parigi.
Come già raccontato su Kritica Economica, dopo l’approvazione della legge 128 del 2019, che prevedeva il riconoscimento di maggiori tutele per i ciclofattorini, le maggiori aziende del settore hanno abbandonato i tavoli di concertazione del Ministero del Lavoro per siglare un Contratto Collettivo Nazionale con due sindacati (UGL e ANAR) ritenuti poco rappresentativi.
Gli scioperi seguiti alla firma del Contratto, uniti alla ferma volontà politica del Ministero del Lavoro di superare l’accordo, hanno contribuito a riaprire quel tavolo. Questo ha portato anche una delle maggiori aziende del settore, Just Eat, ad uscire dall’associazione di categoria e riconoscere la subordinazione per i suoi lavoratori. Inoltre, il tribunale di Palermo ha recentemente emesso una storica sentenza, obbligando Glovo al reintegro come lavoratore subordinato di un rider al quale era stato bloccato l’account.
Per districarci in questi eventi abbiamo intervistato Yiftalem Parigi, primo rider eletto rappresentante sindacale per la NIDIL CGIL.
Domanda: Vorrei iniziare con un chiarimento sul vocabolario: riders, ciclofattorini, fattorini, pony express, qual è il termine più appropriato? La domanda potrà sembrare stupida, e magari lo è, ma spesso anche dietro al lessico si nascondono delle dinamiche di potere.
Yiftalem Parigi: Io penso che la parola “riders” sia stata utilizzata dalle imprese per un trucco comunicativo. L'intento era quello di sottolineare come il rider sia diverso da un fattorino, in modo da legittimare un sistema che tratta noi lavoratori diversamente e non ci riconosce gli stessi diritti dei fattorini. E questa cosa ha attecchito. Perfino la legge 128 va a definire cos’è un rider, quando in realtà questo è semplicemente un fattorino. La nostra mansione non è cambiata. Noi consegniamo un bene da un punto “a” ad un punto “b”. Poi come ci si organizza è un'altra cosa. Cambiano i tempi, cambia l’organizzazione del lavoro, cambiano i mezzi, ma il lavoro è sempre lo stesso.
D: Questo settembre sei stato eletto rappresentante sindacale per la sicurezza della tua categoria. Qual è l’importanza di questa elezione, oltre che a livello personale, per i lavoratori?
Yiftalem Parigi: Sicuramente per me è stato un grande risultato, anche a livello emotivo. Ma anche per i lavoratori questa elezione è stata decisiva: per la prima volta nel nostro settore viene certificato che io e i miei colleghi abbiamo diritto ad esprimere una preferenza per avere un rappresentante che porti le nostre istanze davanti alle società. Potrebbe sembrare scontato, ma questa era una base che a noi mancava. È una base fondamentale nella gestione dei rapporti di lavoro e delle dinamiche sindacali.
Se non hai la possibilità di eleggere un rappresentante che si faccia da tuo portavoce, non riuscirai a far valere le tue ragioni e far sentire la tua voce al di là di qualche comparsata mediatica. Invece, un rappresentante con questo tipo di legittimazione, che parla proprio in virtù della legittimazione di cui gode tra i suoi colleghi, è tutto un altro discorso. Anche la società si relaziona con te in un altro modo. Per esempio, adesso Just Eat risponde a tutte le mie mail, perché sa che dietro di me ci sono molti lavoratori e quindi sta attenta a quello che dico. Prima di questo passaggio non era così: Just Eat non mi riconosceva come un interlocutore credibile.
D: Su Kritica Economica abbiamo già parlato dell’accordo stretto da Assodelivery, UGL e ANAR che ha dato alla categoria il primo Contratto Collettivo Nazionale. Contratto che, però, è stato firmato da realtà poco rappresentative e che sostanzialmente legittima lo sfruttamento. Tu hai vissuto le conseguenze di questo accordo sulla tua pelle, ce ne puoi parlare?
Yiftalem Parigi: Per me quell’accordo è stata una gran beffa. Dopo l’approvazione della legge 128 l’anno scorso c’era una grande aspettativa. L’aspettativa che sarebbero migliorate le condizioni di lavoro, che finalmente saremmo riusciti a capitalizzazione tutto l'impegno di questi anni, il tempo e i rischi che i lavoratori si sono presi per arrivare ad una legge che ci tutelasse. Legge che, oltretutto, come gruppo fiorentino, abbiamo contribuito a scrivere: siamo stati auditi al Senato e anche alla Camera mentre questa veniva discussa.
Quindi io so che specifiche parti di quella legge le abbiamo chieste proprio noi e questa è una grossa soddisfazione. Ovviamente volevamo anche delle cose in più, però, quando c’è una legge del genere che prova a coronare un percorso e, proprio alla fine di questo percorso, questi [le imprese riunite in Assodelivery, ndr] tirano fuori un contratto firmato con un sindacato che non rappresenta nessuno utilizzando la legge che hai contribuito a fare e per la quale ti sei tanto impegnato, sicuramente ti monta un po’ di rabbia. Anche perché, appunto, c’era l’aspettativa che a novembre ci sarebbero stati riconosciuti i diritti.
Invece, ecco la beffa: un contratto che di fatto non riconosce niente, perché mantiene il cottimo quando la legge lo vieterebbe in modo palese. Un contratto che, per esempio, garantisce bonus e incentivi in caso di pioggia o per il lavoro nelle ore notturne, incentivi che però vengono assegnati solo in condizioni estreme. Prendo bonus notte solo dopo mezzanotte, ma chi cavolo fa la consegna dopo mezzanotte?
Quindi questo accordo ha scatenato tra i lavoratori una rabbia che poi è stata manifestata con le mobilitazioni che ci sono state in tutta Italia, culminate Il 30 ottobre con la prima Manifestazione Nazionale dei riders. Questa mobilitazione ha portato, oltretutto, all'uscita di una circolare del Ministero del Lavoro per rafforzare la legge 128 che ha riaperto il tavolo ministeriale per superare quest’accordo. La stessa Just Eat, azienda leader del settore, che era stata una delle firmatarie, a 7 giorni dall’inizio delle mobilitazioni ha cambiato di colpo idea dichiarando che avrebbe assunto i lavoratori come dipendenti.
E questo cambiamento è frutto delle mobilitazioni e dell’attenzione mediatica, ma anche di tutte le cause che abbiamo presentato, della circolare del Ministero e della cacciata della UGL dal comitato economico dell'Unione Europea in quanto firmataria dell’accordo. La decisione di Just Eat e la riapertura del tavolo ministeriale sono sicuramente due grandi successi che abbiamo ottenuto, ma è ancora poco rispetto alle nostre richieste.
D: Il Ministero del Lavoro sta quindi dimostrando la ferma volontà di superare questo accordo.
Yiftalem Parigi: Assolutamente, il Ministero ha sempre dimostrato di essere dalla nostra parte su questa questione. Inoltre, mirando l’accordo ad eludere una legge promossa dal Ministero stesso, si sono sentiti presi in giro anche loro. Il 30 agosto era stato convocato un tavolo al Ministero a seguito del quale la parte datoriale si era detta disponibile a trattare. Tre giorni prima del nuovo incontro, però, questi hanno siglato un accordo con l’unico soggetto che non era presente a quella trattativa. Quindi anche il Ministero ha reagito duramente.
Domanda: È molto diffusa l’idea del sindacato come un corpo fuori dal tempo, che non riesce a stare al passo con la società. Invece in questa lotta i sindacati, o per lo meno la CGIL, sono molto presenti. Come si interfacciano i lavoratori con i sindacati tradizionali? In sostanza: qual è la loro percezione del sindacato?
Yiftalem Parigi: Quando cominciai a lavorare, questo racconto sui sindacati odiati da questi nuovi lavoratori e dai giovani, anche io alla fine l’avevo assimilato. Lo sentivo dire sempre e mi dicevo: deve essere così. E così non è, ma proprio per niente! Molti lavoratori non sanno neanche cos’è la CGIL, ma se ne fanno un’idea una volta che gli sei andato a parlare. È questo il punto. Non è una questione di pregiudizi, è che non gliene frega niente.
Mentre, per esempio nelle mobilitazioni contro l’accordo, quando i lavoratori hanno visto che il sindacato in primis si spendeva nella lotta per cambiarlo, organizzando scioperi e ottenendo risultati concreti come la distribuzione delle mascherine, hanno anche capito che siamo dalla loro parte, indipendentemente dalla nostra sigla. Questa appartenenza ideologica, questi pregiudizi secondo me sono un retaggio di tempi passati, la stessa cosa vale anche in politica, ormai si vota fregandocene di come si chiama il partito. Ormai le etichette funzionano il giusto.
Domanda: Invece che rapporto avete con le unions, i sindacati spontanei che sono nati autonomamente un po’ in tutte le città?
Yiftalem Parigi: I primi periodi non molto buono. Anche per una mia inclinazione personale. Venendo da Firenze, una città sicuramente di sinistra, ma una sinistra molto liberal, non sono mai stato un movimentista. Quindi, all’inizio c’era una difficoltà di comunicazione che ci portava a scontrarci su cose di poco conto. Quando però è entrata in gioco la UGL, un sindacato che sostiene di rappresentarti mentre giustifica tutto lo sfruttamento contro cui stai combattendo, a quel punto le divisioni sono scomparse.
Abbiamo creato il coordinamento nazionale RidersXiDiritti, ci siamo messi insieme. Questo perché consapevoli della necessità di discutere in maniera coordinata per non venir tagliati fuori da questo nuovo soggetto che, per quanto non rappresentativo, si è dimostrato pericolosamente intraprendente. Quando dall’altro lato della barricata hai un sindacato che si batte per distruggere quei diritti che hai faticosamente conquistato, e che trova spazio sui media, nelle trattative e nelle interlocuzioni con le società, per forza questo ti compatta.
Ora i rapporti sono molto buoni, ci confrontiamo su tutto. La Manifestazione Nazionale del 30 ottobre l’abbiamo fatta insieme, prima delle audizioni al Senato e alla Camera ci siamo accordati sui contenuti, al tavolo ministeriale ci organizziamo per decidere la linea e arrivare compatti. Ovviamente ognuno ha le sue differenze, ma ci rispettiamo a vicenda e riconosciamo reciprocamente il lavoro che ognuno di noi ha portato avanti.
Domanda: In conclusione, mi sembra che le tue parole tradiscano un certo ottimismo sugli sviluppi di questa lotta.
Yiftalem Parigi: Io sono sempre positivo e questa è una critica che mi fanno in molti. Ma in questo caso sono ottimista perché dico che è una questione di tempo. Perché quando sai che l’Ispettorato del lavoro sta per partire con i controlli, quando la giurisprudenza ha l’indirizzo che ha, quando i lavoratori si mobilitano così tanto, quando il Ministero fa di tutto per mettere all’angolo queste società, allora ti convinci che, appunto, è una questione di tempo.
Io sono una persona paziente e giovane e faccio questa lotta perché penso che con il sistema attuale si rischi di legittimare un modello di sfruttamento che si potrebbe espandere agli altri settori. Mi basta quindi che questo venga fermato. Se poi avviene tra un mese o tra un anno, sicuramente mi arrabbio perché c’è un anno di sfruttamento in più, ma non posso non ricordare quando siamo partiti tre anni fa io e un gruppo di una decina di ragazzi a Firenze a combattere questa battaglia da soli.
Ci dicevano che eravamo dei pazzi a scontrarci contro queste multinazionali e, nonostante tutto, siamo arrivati dove siamo ora. Le sentenze, il tavolo ministeriale, tutti i risultati ottenuti con le lotte ci danno la consapevolezza che le società sono ormai accerchiate e che è una questione di tempo e, prima o poi, riusciremo a superare questa falsa definizione di lavoro autonomo e ci verranno riconosciuti i diritti e le tutele che hanno tutti gli altri.
Potete seguire le attività di Yiftalem sulla sua pagina Facebook.
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