Questo termine ricorre ormai quotidianamente nel gergo comune e dei mass media. Il Meccanismo Europeo di Stabilità, anche noto come Mes, è al centro del dibattito economico-politico per svariati motivi. I partiti – e quindi gli elettori – comunemente di centrosinistra ritengono che l’accesso a questo fondo sia necessario e conveniente. Diversamente, la coalizione di centrodestra – fatto salvo Berlusconi – si è schierata contro l’utilizzo di questi fondi, perché “il Mes è come un furto”, se non “un trappolone”.
Vista la non indifferente confusione a riguardo, è importante capire da quali punti di vista guardare a questo fondo, per scegliere e prendere una decisione sull’effettivo uso o meno del Mes. Tre sono le prospettive oggetto di questa analisi: una prospettiva politico-ideologica, una prospettiva di utilità economica e una prospettiva sociale. Punto per punto, cerchiamo di capire e comprendere le diverse sfumature di questo strumento.
Politica e ideologia: la radice della scelta
Come poc’anzi accennato, le logiche del gioco delle parti vogliono che schieramenti opposti la pensino in maniera opposta. La politica italiana non fa certo eccezione, anzi. Agli estremi di questo dibattito si individuano due fazioni che, da un punto di vista economico, hanno idee ben diverse alla radice. Da un lato, flat tax e condono fiscale; dall’altro, voucher, fondi speciali e tagli dei cosiddetti privilegi. Sotto questa lente, la divergenza di opinioni è più che evidente. L’assistenzialismo si scontra con lo studio del rilancio del paese, l’occhio ai lavoratori e ai cittadini in quanto tali si contrappone ad una visione più attenta alle imprese e alle attività imprenditoriali. Questa componente ideologica è, oggi, in mano al Governo, che dovrà scegliere se usufruire di questo fondo o meno, dando prima ascolto alle opposizioni, in un dialogo che deve essere mai come oggi necessariamente costruttivo. Un dialogo che mai è stato così rilevante per decidere le sorti del Belpaese.
Convenienza sociale prossima allo zero
Come affermato dall’istituzione stessa mediante il suo portale online, condizionalità caratteristica del Mes "pandemico" è di essere utilizzato solo ed esclusivamente per spese sanitarie. Una spesa, s’intende, legata direttamente o indirettamente al sistema sanitario del paese richiedente il fondo. Ospedali, medici, infermieri, sono solo alcuni degli attori che possono essere soggetti beneficiari di questa linea di credito.
Sotto questa lente, diverse sono le ragioni che allontanano – almeno oggi – il Mes dalla sua convenienza sociale. In primis, l’emergenza sanitaria in Italia è terminata. Le terapie intensive non sono più affollate, i vari reparti ospedalieri sono tornati a respirare e i ritmi di medici e infermieri sono tornati quasi per intero a quelli pre-virus.
Utilizzare il Mes significherebbe quindi attivare un prestito, il cui ammontare è pari a circa 36 miliardi di euro – che, come vedremo più avanti, vanno restituiti con gli interessi, in quanto prestito a tutti gli effetti – con il rischio di non poterli utilizzare come vorremmo.
Potrebbe sorgere un dubbio amletico: “L’Italia ha ridotto negli ultimi anni la spesa pubblica destinata alla sanità.” È vero, ma va considerato che fino al 2015 l’Italia ha speso per la sanità pubblica più di quanto è stato speso in media da tutti i paesi membri dell’OECD. In termini di spesa pro-capite, questa cifra è addirittura aumentata – essendo la popolazione italiana, dal 2015 a oggi, diminuita costantemente (fonte ISTAT, ndr). In conclusione: è davvero indispensabile ricorrere a dei fondi vincolati a un’emergenza che ad oggi, in Italia, non c’è più?
Vantaggio economico? Una bilancia in bilico
La prospettiva di maggior rilevanza resta – naturalmente – quella economica. Conviene o no, in termini di costi-benefici, accedere ai fondi previsti dal Mes? L’arcano non è di intuitiva risoluzione. Con ordine: partendo dalla superfice, si evince come la cifra di 36 miliardi di euro prevista dal fondo è una cifra sì alta, ma decisamente lontana dalle esigenze previste dalla crisi, i cui costi pare siano vicini ai 500 miliardi di euro.
Inoltre, accedere ai fondi del Mes vuol dire sì risparmiare circa 500 milioni di euro l’anno, ma col rischio di essere sottoposti ad un controllo tutt’altro che flessibile da parte dell’Unione. Il motivo è semplice: nonostante si sia insistito molto, a livello mediatico, sulla sola condizionalità del Mes di essere speso per la sanità pubblica, i documenti dell’organizzazione la mettono su un piano diverso. Citando testualmente il report disponibile sul sito dell’ente: “Gli Stati membri dell'area dell'euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell'UE, compresa l'eventuale flessibilità applicata dalle competenti istituzioni dell'UE.”
In soldoni, il rischio è quello di incorrere in un controllo piuttosto rigido da parte delle organizzazioni sovranazionali dell’Unione. Controllo fatto in passato dalla Troika, che ricordiamo tutti – purtroppo – con una sfumatura tutt’altro che positiva. Non solo: riguardo il prestito in senso stretto, è presente una componente piuttosto attraente riguardo la linea di credito stressa. Infatti, qualora questo prestito fosse a sette anni e non a dieci, offrirebbe ai Paesi più indebitati (Italia inclusa) condizioni a tasso negativo: nessun costo per il contribuente, anzi, un guadagno. Precisamente, le condizioni del Mes scendono a quota -0,07% sulla durata settennale.
Attraente sì, ma non è tutto oro quel che luccica. O meglio, non è l’unica linea di credito ad essere così attraente. Per dirne una, recentemente il BTP Italia ha riscosso un totale di circa 22,3 miliardi di euro da parte di risparmiatori (circa 14 miliardi) ed investitori retail (circa 8,3 miliardi). Una cifra che non si era mai vista in passato. Segnale evidente, questo, di un paese che risponde alle esigenze, seppur notevoli, dei propri conti nazionali. Segnale questo, soprattutto, di un paese che riesce a finanziarsi egregiamente sui mercati. Perché rischiare di vincolarsi nei confronti di un’organizzazione di diritto internazionale, quando l’accesso ai mercati tramite BTP è così voluminoso ed agevole?
[…] Come decidere sul Mes: un’analisi – di Mattia Moretta […]
[…] Articolo pubblicato su Kritica Economica […]