Oggi, l’approccio all’analisi delle disuguaglianze deve assumere una prospettiva multidisciplinare, ma ben imperniata nella geografia economica delle aree urbane e nella sociologia. È quello che abbiamo fatto nell’estate del 2022, nella terza parte del nostro intervento alla Summer School sulle disuguaglianze di Colonia.
Abbiamo provato a ragionare sul tema con un paio di lenti diverse da quelle squisitamente economiche. A fungere da fulcro del discorso sono state le rappresentazioni delle disparità nella geografia locale, l’impatto delle disuguaglianze sull’organizzazione degli spazi urbani e l’affermarsi di nuove disuguaglianze.
Perché affrontare le disuguaglianze da un punto di vista non convenzionale?
Per individuare visivamente l’entità del problema, è stato utile soffermarsi, in un primo momento, su una galleria di foto che descrivono le trasformazioni del territorio, soprattutto in America Latina, riconducibili all’aumento della sperequazione sociale e all’assenza di adeguate politiche locali. Si è partiti dalla constatazione che le disuguaglianze sociali ed economiche stanno aumentando nelle principali città occidentali (e non solo), e con esse le preoccupazioni che ne derivano per i policymaker, poiché una crescente “forbice sociale” tra fasce di popolazione a basso e alto reddito costituisce una concreta minaccia alla coesione e alla stabilità sociale delle economie avanzate.
Per politici e amministratori, dare una risposta pronta ed efficace all’emergenza delle vecchie e nuove disuguaglianze in crescita è oggi più importante che mai, se l’obiettivo è quello di condurre le economie nazionali fuori dalla tempesta delle crisi in atto. Infatti, è proprio a causa delle crisi pandemica ed energetica che la questione è divenuta straordinariamente urgente. Ciononostante, si conosce relativamente poco sulla dimensione spaziale delle disuguaglianze socioeconomiche: compito che spetta alla geografia economica e alla sociologia.
È dunque necessario concentrarsi sul chiaro legame tra aumento delle disuguaglianze e cambiamento nell'organizzazione degli spazi urbani, determinato dal fenomeno della segregazione socioeconomica1Secondo l'Urban Data Platform Plus della Commissione europea, la segregazione urbana è la distribuzione ineguale dei diversi gruppi sociali nello spazio urbano, basata principalmente su occupazione, reddito e istruzione, oltre che su genere ed etnia..
Qui la letteratura economica (si veda lo studio di Musterd et al. del 2016) richiama l’attenzione su quattro fattori strutturali, tra loro intrecciati, alla base della segregazione socio economica:
- disuguaglianze sociali,
- globalizzazione e ristrutturazione economica,
- regimi di welfare,
- sistemi abitativi
In questo intervento, si è scelto di concentrarsi sui primi tre fattori.
Nello studio di Musterd e coautori che abbiamo preso in considerazione, le domande di ricerca vertevano su come è cambiato il livello di segregazione socioeconomica negli ultimi due decenni nelle principali capitali europee e su come si spiegano le differenze tra le città. Quindi, abbiamo proceduto con l’esame dei tre fattori enunciati in precedenza 2disuguaglianze sociali, globalizzazione e ristrutturazione economica, regimi di welfare, a cominciare dalle disparità sociali. In generale, si può osservare che, nelle aree urbane, i fenomeni di povertà si addensano in aree circoscritte e in quartieri svantaggiati, spesso a causa della mancanza di alternative e della concentrazione di alloggi popolari e a prezzi contenuti.
Riguardo all’impatto di globalizzazione e ristrutturazione economica del mercato internazionale del lavoro sulla segregazione socioeconomica, la studiosa Saskia Sassen ha sostenuto che le città meglio integrate nei network globali (spesso centri di controllo dell'attività economica internazionale) attraggono da una parte forza-lavoro con salari elevati specializzata nel settore dei servizi, dall'altra un gran numero di lavoratori con salari bassi concentrati nel manifatturiero. Dunque, il primo genere di città sarà caratterizzato da maggiori disuguaglianze sociali - anche nei Paesi caratterizzati da minore sperequazione - rispetto al secondo genere.
Successivamente, abbiamo spostato l’attenzione sui regimi di welfare. Questi hanno subito grandi cambiamenti negli ultimi tre decenni, per via dei grandi mutamenti politici avvenuti a livello globale, come quelli sperimentati nell'Europa dell'Est intorno al 1990 o la liberalizzazione delle città e degli Stati nell'Europa settentrionale, meridionale e occidentale. I regimi di welfare possono incidere in vario modo sulla questione della segregazione: è rilevante sapere se e come lo Stato intervenga in una serie di materie, come la redistribuzione del reddito, l'assistenza sanitaria, la sicurezza sociale, l'istruzione e le politiche abitative.
D’altronde, generalmente, un maggior intervento statale nelle periferie urbane consente, attraverso l’esercizio delle funzioni redistributiva e stabilizzatrice, un contrasto efficace alle disuguaglianze. C’è da sottolineare che, rispetto agli Stati Uniti (e alla maggior parte delle altre parti del mondo), l'Europa è ancora caratterizzata da un intervento statale relativamente forte, anche se in calo, e da notevoli politiche redistributive, che però variano a seconda delle regioni e dei Paesi.
Tuttavia, è emerso che fattori strutturali e istituzionali, applicati in modo generalizzato, non sono sufficienti a spiegare da soli i livelli di segregazione, tema su cui si è tornati nello spazio dedicato alle domande dal pubblico. Anche i contesti istituzionali localizzati che si sono sviluppati nel tempo svolgono un ruolo importante. Si pensi alla distinzione netta a livello istituzionale tra città scandinave, città post-socialiste e città mediterranee.
In conclusione, abbiamo aperto una finestra sulle nuove forme di disuguaglianza che sono sorte nelle aree urbane occidentali negli ultimi tre decenni. Un argomento che induce a riflettere sugli effetti socioeconomici e politici della globalizzazione neoliberale e della ristrutturazione economica.
Nelle città occidentali ha conquistato terreno un sentimento di avversione che gli “sconfitti del nuovo mondo globalizzato” nutrono verso il fenomeno di deindustrializzazione e di competizione con i lavoratori immigrati. Di qui scaturisce una crescente domanda di sicurezza e chiusura alle minacce esterne.
Sebbene questi grandi cambiamenti avvengano a livello globale, la domanda di sicurezza si concentra a livello locale. Pertanto, mentre le amministrazioni nazionali e locali cercano di soddisfare le aspettative degli elettori per la “securitizzazione” delle aree urbane, si assiste a un aumento di muri e barriere che si adattano alle moderne logiche di sorveglianza, distanza sociale e segregazione di "stranieri e migranti".
Si osserva, per di più, la tendenza alla separazione dei residenti autoctoni dagli stranieri e alla segregazione degli immigrati, particolarmente evidente nelle aree metropolitane occidentali. Qui non solo si assiste a una etnicizzazione del mercato del lavoro, ma anche alla formazione di enclave etniche, dove le comunità di migranti vivono separatamente dai residenti autoctoni, influenzando le amministrazioni locali nella distribuzione dei servizi pubblici e delle opportunità di lavoro.