La Bce ha annunciato giovedì l'estensione in quantità (da 750 a 1350 miliardi di euro) e durata (fino a giugno 2021 e comunque fino alla fine dell'emergenza) del PEPP, il programma di acquisto di titoli privati e pubblici (sul mercato secondario) per l'emergenza pandemica, che si affianca agli altri programmi. È una notizia a mio giudizio positiva. Vale la pena, però, fare un paio di considerazioni.
Primo. Come si può vedere dall'immagine la quota PEPP attivata per ciascun paese nel trimestre marzo/maggio 2020 corrisponde quasi esattamente al capital key, cioè alla quota di capitale della BCE sottoscritta dalla banca centrale di ciascun paese in proporzione ai criteri della popolazione e del PIL revisionati dalla Commissione UE ogni 5 anni. Ci sono due sole significative eccezioni: Francia (in negativo) e Italia (in positivo).
In pratica la BCE sta contando in questi mesi sulla Francia (il cui governo ha capito essere anche nel suo interesse) per sostenere l'Italia (prevalentemente il suo debito pubblico) più che proporzionalmente, senza rischiare le eventuali rimostranze di altri paesi, secondo quanto pretenderebbe, ad esempio, il secondo Senato della Corte di giustizia federale tedesca. Un'interpretazione così rigida e restrittiva del principio di proporzionalità da impedire altrimenti in generale qualunque politica monetaria accomodante geograficamente differenziata per cercare di garantire in diverse situazioni l'efficacia della trasmissione della politica monetaria medesima. Per ora una toppa.
Secondo. Anche per il debito italiano (pubblico e privato) la quota PEPP e di altri programmi già attivi della BCE (i titoli pubblici acquistati attraverso questo e altri programmi sul mercato secondario sono poi depositati virtualmente presso la banca centrale nazionale e i tassi d'interesse pagati vengono poi pure girati dalla BCE alla banca centrale nazionale, garantendo nel caso italiano un sostanziale prestito a tasso zero) sul totale dei titoli emessi nel periodo non sembra essere molto grande, almeno al netto dei precedenti acquisti. Non è semplice da ricostruire, ma sulla base dei dati Banca d'Italia sembrerebbe che il grosso sia comunque acquistato da banche italiane e poi, tramite operazioni di TLTRO, sostanzialmente "scontate" presso la Banca d'Italia. Come da molto tempo a questa parte.
Insomma, al momento non solo nessun regalo, ma al contrario molte contorsioni istituzionali nella complessa triangolazione BCE, banche centrali nazionali, banche, per fare quello che qualunque (vera) banca centrale nazionale farebbe più semplicemente, con maggiore efficacia, e che nel mondo in molte stanno facendo in forme più semplici, certe e in dimensioni ben maggiori. Si manifesta anche così la debolezza di un assetto istituzionale che pretende di centralizzare un potere monetario, necessariamente federale, senza uno stato federale, ma con una flebile unione politica tra stati con interessi parzialmente divergenti e scarso coordinamento.