Fra i princìpi fondanti del modello neoliberale c'è l’obiettivo di un’economia interconnessa a livello globale, in cui la libertà di movimento del capitale prevale sulla sovranità nazionale (Slobodian, 20181). Ma l'esperienza del Mercosur in America Latina sembra raccontarci una storia diversa, dove l'integrazione economica non equivale a un abbandono degli obiettivi sociali.
In America Latina l’offensiva neoliberale si è presentata relativamente tardi, attraverso le politiche di aggiustamento strutturale imposte dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale e il governo degli USA, ispirate al Washington Consensus (Bértola & Ocampo, 20122). Quest’ultimo prevedeva, fra le altre cose, l’apertura unilaterale dei mercati, la fine dell'intervento pubblico nell’economia, privatizzazioni e politiche di austerità fiscale. Non a caso, gli anni '80 sono noti in America Latina come decada perdida, un decennio perduto sulla via del progresso. È in questo contesto (fine degli anni '80 e inizio dei '90) che è nato il Mercosur (Mercato Comune del Sud), un progetto di integrazione economica fra stati del Cono Sud (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay)1Con la successiva aggiunta del Venezuela nel 2006 e la sua sospensione nel 2016. Attualmente gli stati membri a pieno titolo sono Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay..
L’obiettivo dichiarato del Mercosur era integrare la regione nell’economia globale. L’alleanza rispondeva alla logica di rafforzare le relazioni economiche fra paesi del Sud Globale, così da risultare più forti nell’affrontare la competizione sui mercati globali. Il suo trattato fondante (Trattato di Asunción, 1991), così come il trattato europeo di Maastricht (1993), ha come precetto la libertà di movimento di merci e capitali.
Il Mercosur e la cooperazione Sud-Sud
Come scrive lo storico uruguaiano Gerardo Caetano (20113), fin dall'inizio il Mercosur ha avuto spiccate competenze in materia commerciale. Caetano si spinge fino a definirne la prima fase di sviluppo “Mercosur fenicio”, assimilandolo, per l’importanza data al commercio, a quell’antica civiltà. I primi anni dopo la sua istituzione, infatti, sono stati caratterizzati da una progressiva espansione delle relazioni commerciali fra gli Stati membri, con il commercio intra-Mercosur (cioè tra i paesi membri) che è aumentato di più del 100% nel periodo 1991-1997 (Figura 1).
Nonostante la prevalenza delle istanze commerciali in una prima fase, a partire dai primi Duemila le questioni sociali legate all’integrazione sono entrate nell’agenda del blocco. È così che gli attori sociali (come i sindacati) sono entrati a far parte dell’architettura istituzionale, in linea con una logica di democratizzazione e con la necessità di sviluppare una dimensione sociale all'interno del Mercosur (Caetano, 20113). Grazie allo sviluppo di strumenti di rappresentanza politica e di promozione della dimensione sociale, il blocco ha iniziato ad essere considerato uno strumento di cooperazione Sud-Sud (Paikin, 20194), basato cioè su pratiche solidaristiche tra paesi appartenenti al Sud Globale.
Nel 2005 è stato firmato il protocollo fondativo del PARLASUR, il parlamento del Mercosur, con l’intenzione di rendere il blocco politicamente più rappresentativo, e nel 2007 è stato creato l’Istituto Sociale del Mercosur, con l’obiettivo di rafforzare la dimensione sociale e diminuire le asimmetrie interne relative allo sviluppo economico e sociale (Brasile e Argentina sono le economie più avanzate e moderne, mentre il Paraguay soffre di importanti lacune nell’infrastruttura produttiva e nei maggiori indicatori socio-economici).
Ma l’istituzione più rilevante a livello economico è il Fondo di Convergenza Strutturale del Mercosur (FOCEM). Esso ha come obiettivo promuovere la convergenza strutturale, cioè accompagnare i paesi più svantaggiati del blocco sulla strada dello sviluppo. Dato che il FOCEM prevede per i Paesi membri un contributo economico proporzionale al proprio Pil, possiamo definirlo come un fondo progressivo: i Paesi con le economie più grandi contribuiscono in proporzione maggiore, mentre quelli con le economie più piccole ricevono la maggior parte dei fondi (UTF - Secretaría del MERCOSUR, 20215).
Così, a partire dagli anni 2000, e con un particolare sforzo da parte dei governi progressisti, il Mercosur ha promosso un’integrazione basata su valori solidaristici, e quindi non solamente guidata dal libero commercio e dalle logiche di valorizzazione del capitale (Paikin, 20194).
Il Mercosur e la circolazione del capitale: inserzione subalterna ed egemonia brasiliana?
Il Mercosur, tuttavia, è usato soprattutto dal Brasile (e in minor misura dall’Argentina) come piattaforma per promuovere la propria agenda nella regione, sia sul piano politico che economico. Essendo il Brasile il maggior produttore industriale dell’America Latina (con un’industria fortemente sussidiata dallo stato), l’abolizione dei dazi doganali e la libertà di movimento di merci e capitali all’interno del Mercosur gli garantiscono uno sbocco tanto per i suoi prodotti industriali e manifatturieri quanto per i suoi investimenti in capitale. D’altra parte, sul piano politico, il peso del Brasile è molto più pronunciato rispetto a quello degli altri membri, date le sue dimensioni.
Lo studioso argentino Julián Kan (20137; 20198) ha evidenziato che i settori più dinamici della borghesia argentina e brasiliana hanno avuto un ruolo di primaria importanza nel plasmare la struttura del Mercosur. Borghesie, queste, fondamentalmente radicate nella produzione industriale (manifattura intermedia) e agroalimentare. Il Trattato di Asunción del 1991 riflette queste influenze, ponendo al primo posto nella gerarchia delle priorità del Mercosur la libera circolazione di beni, servizi e fattori produttivi, stabilendo inoltre il principio per cui gli stati membri devono adottare tariffe doganali comuni verso l’esterno, inibendo politiche doganali di protezione verso l’industria nazionale. Il libero commercio rimane la chiave di volta del blocco.
A livello pratico, la cooperazione fra paesi del Sud Globale ne potrebbe promuovere l’emancipazione dalla dipendenza economica verso il Nord per quanto riguarda prodotti industriali e di consumo. Tuttavia, nonostante una parziale convergenza a livello di industrializzazione fra i paesi membri nel periodo di attività del Mercosur, esso non sembra in grado di garantire un cambiamento strutturale dei modelli produttivi, come suggeriscono i dati Cepalstat 2Il Brasile e l’Argentina rimangono sostanzialmente paesi con una industria manifatturiera intermedia relativamente presente (importano principalmente beni intermedi), mentre il Paraguay e l’Uruguay restano importatori di beni di capitale e beni di consumo. riguardanti il tessuto produttivo dei paesi membri (Figura 3).
I Paesi più grandi (Argentina e Brasile) si specializzano nella produzione industriale e manifatturiera (oltre che di prodotti primari), mentre gli altri si specializzano nella produzione di materie prime agricole (Uruguay e Paraguay). Inoltre, vista l’assenza di dazi doganali, il possibile sviluppo di un’industria nazionale in Paraguay ed Uruguay è minacciato dalla competizione con i prodotti argentini e brasiliani, frutto di un’industria già abbastanza sviluppata che produce a prezzi più competitivi. Queste dinamiche generano una polarizzazione interna fra Paesi con produzione principalmente agricola e piccolo-industriale (Paraguay e Uruguay) e Paesi con un’industria tecnologicamente più avanzata (Brasile e Argentina).
Nel loro insieme, i Paesi del Mercosur non sembrano aver raggiunto una posizione strutturale migliore nell’economia globale rispetto al passato, giacché rimangono in gran parte produttori di materie prime o relegati alla produzione industriale in ambiti con minore valore aggiunto rispetto al Nord. Questa dinamica rischia di esacerbare diseguaglianze su diversi piani, sia tra i paesi che al loro interno.
Come si evince dalla composizione degli scambi con Paesi esteri - in maggioranza esportatori di materie prime ed importatori di beni di consumo, di capitale, ed intermedi - gli stati membri del Mercosur conservano una posizione commerciale svantaggiata (produzione di beni primari, piccola industria e manifattura) rispetto ai Paesi del Nord Globale, dove invece si concentrano le attività economiche a maggiore valore aggiunto (ricerca e sviluppo, consulenza, innovazione, attività ad alta concentrazione di lavoro intellettuale).
Inoltre, dalla composizione degli scambi commerciali intra-Mercosur si nota che il Brasile ha un ruolo di esportatore di prodotti tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli che importa. Ovviamente, ciò genere un netto vantaggio nelle ragioni di scambio. La differenza è evidente fra Brasile e Paraguay (rispettivamente il paese con l’economia più avanzata e meno avanzata del blocco); il primo esporta principalmente beni di capitale e automobili, mentre il secondo esporta verso il Brasile principalmente prodotti agricoli e carne bovina.
Nonostante i fondi per una crescita armoniosa e le promesse di cooperazione Sud-Sud, anche nel blocco commerciale latino-americano si manifestano le classiche dinamiche di massimizzazione dei profitti a vantaggio dei paesi con maggior peso politico ed economico, dinamiche che in Europa conosciamo fin troppo bene. Il Mercosur, grazie al libero movimento, garantisce infatti ai grandi paesi del blocco come Brasile e Argentina di entrare in mercati competitivi senza rinunciare a fattori produttivi a basso costo.
Per concludere
Il Mercosur può essere visto come una risposta all’incontrollata offensiva neoliberale in America Latina. Nonostante un periodo iniziale di ortodossia del libero commercio, il blocco si è dotato di istituzioni politico-sociali con l’obiettivo di favorire un’alternativa all’inserzione incontrollata nell’economia mondiale agli stati membri. È in questo contesto che si sono sviluppate istituzioni di cooperazione Sud-Sud a favore di un'integrazione basata sul mutualismo e la solidarietà.
Ciononostante, come mostrato da vari autori, la portata di tali istanze è molto limitata nella pratica, e il Mercosur continua ad essere un progetto che risponde alla necessità di valorizzazione del capitale regionale, con scopi sociali limitati. Sebbene sia una risposta del Sud Globale all’ortodossia neoliberale sostenuta dagli USA, il dibattito sulle potenzialità contro-egemoniche del Mercosur rimane più che mai aperto.