Ai tempi dell'antica Roma, intorno al primo secolo a.C., si scatenò un conflitto violento tra un movimento insurrezionale capeggiato da Catilina e i rappresentanti dell'ordine sovrano capeggiati dal console Cicerone.
Alla base del conflitto c'era una pesante sofferenza legata all'eccesso di indebitamento privato. I debitori facevano parte sia dei plebei di campagna e di città, sia di alcuni settori, soprattutto quelli giovanili, delle élites patrizie. Catilina, il loro rappresentante politico, era per cancellare i debiti. Cicerone, che era invece il rappresentante inflessibile del potere dei creditori, era per non fare nulla: niente dilazione dei pagamenti dei debitori, niente ricontrattazione degli interessi, nessuna procedura organizzata dallo Stato per gestire la vendita del patrimonio dei debitori, nessun fondo pubblico o prestito a interesse agevolato, nessuna creazione di nuova moneta (nonostante la pratica del quantitative easing - coniazione di quantità aggiuntive di moneta - era già stata adottata in occasioni di crisi del debito precedenti). Cicerone, insomma, era un tale mostro del rigore da fare impallidire Weidmann e Schäuble.
All'epoca, il Senato era un po' come sarà il parlamento italiano dopo il taglio dei parlamentari prossimo venturo: la conquista di un posto di senatore era un affare estremamente costoso, tanto che i patrizi, per un posto di senatore, si indebitavano al punto da ritrovarsi a vendere ampi pezzi del loro patrimonio (terre, schiavi, immobili, oggetti preziosi) per ripagare i creditori. Il costo gravoso di un buon posto in senato aveva acuito all'estremo il conflitto generazionale all'interno della classe dei patrizi, in quanto erano soprattutto i giovani a sopportare un debito insostenibile, mentre i vecchi senatori godevano di posizioni di rendita. Non a caso, il blocco sociale che si coalizzò intorno a Catilina era costituito, oltre che dai plebei, dai patrizi della giovane generazione.
Catilina perse per tre volte ai voti la battaglia in senato per farsi eleggere console. Alla seconda elezione vinse Cicerone, con un programma ostile alla riduzione dei debiti. Cicerone assunse la carica di console nel 63 a.C. e durante il suo mandato fece in modo che Catilina perdesse anche le elezioni per la carica del 62 a.C. Dopo quest'ultima battaglia istituzionale - divenuto ormai chiaro che a Catilina non restava che l'opzione che chiameremo amichevolmente "gilet gialli" - Cicerone dichiarò lo stato di emergenza, che dava al console, cioè a se stesso, poteri eccezionali, e preparò le truppe alla pugna. Durante la preparazione dello scontro, la moneta sparì dalla circolazione, a causa di una corsa sfrenata e generalizzata ad accumulare riserve di liquidità.
La vicenda si conclude, come siamo abituati a vedere ancora oggi, con un respiro di sollievo dei creditori: i ribelli "gilet gialli" capeggiati da Catilina furono massacrati.
Riferimenti:
M. Aglietta, P. O. Ahmed, J. F. Ponsot, La monnaie entre dette et souveraineté, 2016