Lunedì 12 ottobre è stato assegnato il Premio della Banca di Svezia per le Scienze economiche in onore di Alfred Nobel, chiamato erroneamente "Premio Nobel per l’economia", agli economisti americani Paul Milgrom e Robert Wilson. Motivazione: il loro contributo alla teoria delle aste.
Entrambi professori a Stanford, le loro ricerche hanno portato sia importanti innovazioni nella teoria delle aste che alla creazione di nuovi tipi di asta. Wilson ha studiato i meccanismi d’asta che riguardano i beni con un valore comune, vale a dire quei beni che hanno un valore incerto, ma che è lo stesso per tutti i partecipanti all’asta. Il rischio in questo caso è che il vincitore finisca col pagare un prezzo troppo altro, la cosiddetta “maledizione del vincitore”, e quindi i partecipanti tendono a fare offerte più basse rispetto alla propria stima del valore per evitare di pagarlo troppo.
Milgrom ha invece lavorato su un contesto più generale, in cui i partecipanti a un’asta hanno sia informazioni condivise sul bene messo all’asta, che informazioni private. In questo caso, se i partecipanti riescono ad ottenere informazioni aggiuntive sul valore stimato dagli altri partecipanti, il venditore riuscirà a vendere ad un prezzo più alto, poiché chi punta cifre più alte lo fa perché ritiene di di poter sfruttare meglio il bene oggetto dell’asta.
Un caso famoso che coinvolge i due economisti vincitori è quello dell’asta per le frequenze radio negli Stati Uniti nel 1994. Nel 1993 la Federal Communications Commission (Fcc), autorità pubblica responsabile della gestione dello spettro radio, decise di avvalersi della consulenza di vari economisti per allocare tramite asta delle frequenze radio. I problemi erano molti, a partire dal fatto che per gli acquirenti il valore di una singola frequenza radio dipendeva da quelle già in loro possesso o che avevano intenzione di acquistare. Le singole bande infatti radio possono essere tra loro complementari o alternative e ogni acquirente deve selezionare un pacchetto di bande che gli sia congeniale. Milgrom e Wilson proposero un nuovo formato d’asta, l’asta simultanea a round multipli, che si rivelò congeniale alle esigenze della Fcc, che effettivamente la adottò l’anno successivo.
Senza nulla togliere all’importanza del lavoro di Milgrom e Wislon, si rimane comunque delusi di fronte alla scelta dell’Accademia di Svezia. Nel contesto stra-ordinario in cui ci troviamo, con una pandemia che ha messo in evidenza non solo i limiti della globalizzazione senza confini e guidata dalle catene globali del valore, ma anche le storture intrinseche nel sistema capitalistico, forse ci si aspettava che il Nobel per l’economia avrebbe premiato qualcuno che almeno ci ha provato a “sistemare le cose”, per così dire.
L’Accademia di Svezia ancora una volta sembra voler distogliere lo sguardo dalla realtà per rifugiarsi in un mondo dove le teorie funzionano. In sostanza, il contributo premiato appare troppo settoriale rispetto al messaggio che trasmette l’assegnazione del premio.
Come scrive il Financial Times, il premio di quest’anno ritorna su “un terreno più tradizionale” rispetto al premio dell’anno scorso, assegnato agli economisti dello sviluppo Esther Duflo e Abhijit Banerjee.
E proprio in questo ritorno, che sembra più il ritirarsi di una tartaruga nel suo guscio, sta il problema, Il disappunto in questo caso, vale la pena ripeterlo, non sta nell’apporto teorico in sé (che è senza dubbio un contributo importante), ma della rilevanza che questo contributo ha nel e per il momento presente. Seppur non un vero premio Nobel, di fatto è percepito come tale e per questo si carica di significato anche per chi non si occupa di economia. Esso, volente o nolente, trasmette al pubblico un messaggio su dove la teoria economica sta andando e invia un segnale ai nuovi ricercatori su quali sono le teorie su cui puntare per una carriera.
Di fronte all’urgenza di dare risposte agli effetti di una delle più grandi crisi economiche della contemporaneità (disoccupazione massiccia, collasso dei sistemi sanitari, fallimenti a catena di piccole e medie imprese), ci si sarebbe forse aspettato un premio che prendesse in considerazione alcuni problemi cocenti del capitalismo contemporaneo, e non un argomento così settoriale, se non proprio di nicchia. Il Nobel assegnato a un sottogenere della teoria dei giochi, peraltro già premiato, rinforza l’immagine di un sostanziale atteggiamento di superiorità dei teorici dell’economia, che lontani dalle emozioni della gente comune, premiano ciò che è davvero importante. L’impressione che si ha è sempre dell’economia come una disciplina che vuole essere lontana dai problemi di tutti i giorni.
La contemporaneità chiede disperatamente una risposta a domande che molti economisti stanno affrontando, ma che i riconoscimenti ufficiali sembrano ignorare. Per citarne solo alcuni esempi senza pretesa di esaustività: l’impatto della natura sempre più monopolistica del capitalismo, l’effetto delle patenti e dei brevetti (intellectual property rights) sulle disparità di reddito, il rapporto tra tipi di produzione e catastrofe climatica. L’economia in quanto scienza sociale dovrebbe aiutare a comprendere il mondo e rendere la vita delle persone migliore. Il premio Nobel di quest’anno certamente riconosce un contributo importante che ha permesso di migliorare un intero settore, ma è muto rispetto alla ricerca su ciò che ci attende in futuro.
Bibliografia
Brancaccio, E. (2019). Il discorso del potere. Il Saggiatore.
Staruss, D. (2020). Nobel Prize in economics awarded to duo for work on auction theory. Financial Times, October 12th.
Harford, T. (2020). Winning bid: how auction theory took the Nobel memorial prize in Economics. Financial Times, October, 12th.
[…] e isolati da qualunque interazione col mondo esterno. Basti pensare ai vincitori del premio Nobel 2020, Paul Milgrom e Robert Wilson, premiati per i loro studi sul sistema delle aste. Dall’altra […]