AC/DC. Non si parla di una rock-band, né si fanno allusioni religiose (anche se i riferimenti a Pilato andrebbero sprecati). In un modo o nell’altro ci si ritroverà a parlare di un periodo avanti e dopo Covid. Dovremo constatare se davvero si potrà discutere di un “ritorno alla normalità” o se invece, la nostra società si ritroverà radicalmente mutata. Così come cambiano le abitudini e gli usi dell’uomo, allo stesso modo evolvono e si diversificano le tendenze del mercato.
Nonostante le avvisaglie approdate in occidente attraverso la Repubblica Popolare Cinese, i governi del mondo si sono mostrati inizialmente poco reattivi e, successivamente, inermi. L’oggettiva difficoltà per il sistema sanitario di affrontare l’emergenza Covid-19 ha costretto la politica ad adottare misure di contenimento estreme capaci di impattare non solo sulla vita dei cittadini ma anche sull’economia dei paesi.
Alcune tra le personalità più autorevoli in ambito economico, su tutti l’ex presidente della Bce Mario Draghi, hanno sdoganato la possibilità di accrescere il volume del debito pubblico per permettere una preziosa iniezione di liquidità monetaria nel mercato. Con la genesi di questa scuola di pensiero, la politica economica avrà tratti sempre più keynesiani perdendo quella tendenza al “troppo risparmio” che lo stesso Keynes definiva in alcuni casi paradossale segnando un punto di rottura con le attuali tendenze soprattutto europee.
Più che il livello di indebitamento pubblico, sarà il rendimento futuro degli investimenti effettuati da un singolo Stato a diventare rilevante. Oggetto dell’attenzione degli economisti sarà il livello di indebitamento dei privati. Nel dopo Covid, più basso sarà tale indice, più forte e stabile risulterà l’economia di un paese. Ovviamente un ruolo fondamentale dovrà essere giocato da una “buona politica” capace di limitare gli sprechi della macchina statale, massimizzandone la produttività sia in termini amministrativi che finanziari attraverso un lavoro di de-burocratizzazione e innovazione nell’ambito dei servizi forniti al cittadino, sempre più in accordo con la visione di Keynes.
Focalizzandosi sul panorama italiano, il governo si è apertamente esposto con l’Unione europea in modo favorevole alla creazione di un nuovo strumento finanziario (eurobond) al fine di consentire l’effusione di moneta “a basso costo” nelle casse dei paesi in difficoltà. In Europa le nazioni meno soggette ai vincoli dell’indebitamento (su tutte Germania e Paesi Bassi), tendono invece a prediligere una condotta più rigorosa, preservando i conti pubblici attualmente in buono stato di salute. La risposta olandese è quella di dare accesso a prestiti e finanziamenti europei attraverso il MES con una deroga di alleggerimento delle condizioni del fondo salva stati. Nonostante i pareri contrastanti, la condotta scelta dalla Bce per affrontare l’emergenza manifesta intenti solidali dato l’intervento di acquisto di titoli di Stato per miliardi di euro.
L’attuale blocco produttivo e quello degli spostamenti mettono l’economia mondiale in stallo. La diffusione del virus e l’asimmetria con cui i contagi si diffondono nei vari paesi non aiutano a fare delle stime sul momento in cui verrà concesso di riprendere a muoversi liberamente. Un altro aspetto da non sottovalutare è l’impatto psicologico che prima la pandemia e poi le restrizioni di contenimento hanno apportato alla vita dei cittadini. Se le abitudini dei consumatori dovessero mutare radicalmente per mano della quarantena, si registrerebbe una variazione della domanda di mercato. In quel caso dovremo constatare quali settori risulteranno rafforzati e quali invece definitivamente abbattuti dal Covid-19. In modo più o meno radicale si manifesterà un cambiamento in termini sia macro che microeconomici. Non sembra desiderabile una via alternativa a quella keynesiana per stimolare la domanda nel dopo Covid.
La pandemia ha rivelato anche un’esternalità positiva: la diminuzione dei livelli di inquinamento nelle zone interessate e la relativa sensibilizzazione sociale nei confronti delle tematiche ambientali, già molto “calde”. Il fermo delle attività produttive e il conseguente blocco dei trasporti ha certamente giovato al pianeta portando però alla luce diverse criticità. L’eccesso di offerta sul mercato del greggio, ad esempio, ha messo alle strette in poco tempo i più grandi player commerciali americani.
Alla luce di questo si deve tener conto del fatto che, tra i maggiori investitori nel settore dei combustibili fossili, sono presenti alcuni dei fondi pensione tra i più importanti del pianeta. Quest’ultimi per il momento non riscontrano un interesse nel disinvestire nel mercato del petrolio. Dunque, il crollo del settore petrolifero potrebbe comportare il collasso del valore delle azioni anche dei suoi investitori con il conseguente travolgimento dell’economia di una gran parte del mondo.
Si consideri che i primi segni di cedimento dell’industria dell’oro nero arrivano proprio da un esempio di eccellenza made in Usa. Il colosso Whiting Petroleum infatti, oppresso da 262 milioni di debiti, si è di recente arreso al chapter 11, una norma della legge fallimentare americana che implica la ristrutturazione del debito in seguito ad un grave dissesto finanziario. Non è da escludere che questo possa rivelarsi il primo di una lunga serie di episodi di default a catena al quale l’unica risposta possibile sembra essere un massiccio intervento statale.
I “buoni investimenti” del dopo Covid interesseranno maggiormente altri settori, in primis quello dell’energia rinnovabile. Lo sviluppo di un’economia improntata sulle basse emissioni comporterà un adattamento generale da parte di tutte le attività, compresi i giganti dell’industria automobilistica. L’esplosione pandemica sembra la risposta al sovrasfruttamento e alla mala gestione delle risorse naturali ed economiche del libero mercato, ad oggi non più sostenibili in un’ottica di lungo periodo.
Non essendo presente alcuna base sulla quale poter affermare con certezza che si tratti di un episodio singolo, ogni giorno sempre di più è necessario comprendere l’importanza di doversi trovare preparati ad una nuova eventualità. Già nel 2015 lo stesso Bill Gates preannunciava un’ipotesi di pandemia virale anticipando l’attuale situazione.
Visti i cambiamenti strutturali a cui l’economia dovrà adattarsi, non può considerarsi sostenibile la logica produttiva ereditata dall’illusione capitalista tramandataci dalla seconda metà del ‘900. La collaborazione traSstati sarà necessaria per installare le nuove fondamenta dell’economia del futuro. Per massimizzare l’efficacia dell’operato comune dovranno compensarsi, in linea con la previsione keynesiana, gli squilibri tra le posizioni di credito e di debito delle attuali potenze rispetto al resto del mondo.
Lo scenario che ci si prospetta risulta talmente nuovo che non sorprenderebbe se tra i banchi di scuola, o dalle scrivanie di casa collegandosi da remoto, gli studenti del domani si trovassero a studiare un’era avanti Covid parlandone negli stessi termini in cui noi, a nostro tempo, abbiamo discusso del Medioevo.
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