Le trattative su come gestire il sostegno europeo all’economia messa in ginocchio dal Covid-19 sono ferme al nodo MES-eurobond. I governi dei paesi del nord, capitanati da Olanda e Germania, vorrebbero un accordo per un prestito MES con condizionalità molto ridotte, e niente eurobond. I governi dei paesi del sud, Italia in testa, vorrebbero gli eurobond, e non si capisce se in cambio sarebbero disposti ad accettare il MES con condizionalità ridotte.
Il motivo per cui l’Italia dovrebbe accettare un prestito del MES, seppure con condizionalità limitate, mi risulta decisamente oscuro. Il MES di per sé sbloccherebbe qualcosa come 35 miliardi di euro a favore dell’Italia. Si tratterebbe di fondi concessi a titolo di prestito ed erogati pure col contagocce. Le condizionalità possono essere forse “irrilevanti” in un primo momento, ma in punta di diritto, e data l’attuale struttura dei trattati europei, sono suscettibili di modifiche in qualsiasi momento successivo, e c’è da scommettere che le modifiche verranno proposte presto, una volta usciti dalla fase acuta dell’emergenza.
Ad ogni modo si parla di 35 miliardi, la quota che spetterebbe all’Italia per un fondo complessivo da erogare a tutti i Paesi membri. Si tratta di una cifra di un ordine di grandezza irrisorio e inadeguato, che sul piano puramente economico non cambierebbe nulla. Diventa ancora più irrisoria se si ragiona su come il MES raccoglie i fondi su cui eroga i prestiti.
Il MES si finanzia infatti con l’emissione di titoli che a loro volta sono garantiti dalla fiscalità di ogni stato membro. Gli Stati da salvare danno garanzie al fondo finanziario che viene creato per salvarli: qui c’è materia per una speculazione finanziaria colossale che George Soros levati!
Noi italiani abbiamo già versato 14,3 miliardi per costituire un fondo di 80, e con la garanzia che abbiamo accordato (pari al 17,9% del totale del fondo), siamo pronti a versare fino a 125,3 miliardi per permettere al MES di restituire i 700 miliardi di ammontare massimo che in un primo tempo raccoglierebbe sui mercati finanziari privati. In cambio di questo prestito “agevolato”, accordato in definitiva da noi stessi a noi stessi, i governi italiani futuri si impegneranno a rispettare un “memorandum” il cui contenuto è un po’ una scatola a sorpresa, in quanto può essere revisionato e inasprito in data successiva alla sua stipulazione.
Ma allora perché alcuni nostri connazionali, a cominciare dal direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, spingono per sottoscrivere un “salvataggio” del MES?
Forse la risposta sta nella seconda puntata del progetto. A quanto pare, il prestito del MES è soltanto un tassello preliminare, a cui potrà fare seguito un intervento successivo della BCE, che nell’ambito del programma OMT acquisterebbe qualsiasi ammontare dei titoli del debito pubblico italiano - e questo sì che sarebbe economicamente rilevante - ma al prezzo di una totale cessione di potere decisionale sulla nostra politica fiscale: un sostanziale commissariamento del paese. Allora riformuliamo la domanda di poche righe sopra. E’ questo il progetto di Europa unita che hanno in mente i supertecnici come Rivera, che lavorano da troppo tempo al Ministero dell’Economia e delle Finanze al riparo dalle elezioni?
Se è questo il progetto, perché nessuno è riuscito ancora a licenziarli?
E se non è questo il progetto, allora perché accettare di essere “salvati” dal MES?
Io non so quanto Conte sia fermo sulle sue posizioni di capitano della fronda dei paesi del sud contro le ambizioni rigoriste ed egemoniche di quelli del nord Europa. In fondo credo che sia pronto a cedere sul MES in cambio degli eurobond, e che abbia affidato a Rivera le trattative per organizzarci un salvataggio morbido. Ma già il fatto di cedere sul MES per me è incomprensibile e irricevibile. Più che su Conte, quindi, ripongo le mie speranze sull’intransigenza del governo olandese, che nella sua ottusità reazionaria finora è riuscito a impedire a un meccanismo infernale di realizzarsi.
Se l’Olanda resterà ferma nei suoi propositi, uscirò per strada di nascosto a piantare tulipani nelle aiuole pubbliche.