Attraverso il dl 77/2021 “Semplificazioni”, varato lo scorso 31 maggio ed entrato in vigore il 1° giugno, sono in arrivo una serie di misure atte a velocizzare e semplificare la realizzazione delle opere pubbliche in Italia. Saranno disposizioni come l’assegnazione dei commissari ad infrastrutture prioritarie, la riduzione dei tempi sull’arrivo di alcuni pareri e ampi poteri derogatori assegnati al Consiglio dei Ministri che dovranno assicurare non solo il completamento delle opere previste nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) entro i tempi previsti, ma anche un nuovo modo di costruire nel nostro Paese.
Ma l’esecutivo, anche a fronte di tragici eventi cui abbiamo assistito, non deve dimenticare la sicurezza delle nostre infrastrutture: a questo proposito sono stati stanziati oltre 7 miliardi per la manutenzione della rete stradale italiana. Manutenere e semplificare: due grandi sfide da vincere per le infrastrutture italiane esistenti e per quelle che verranno.
Ma andiamo per ordine. Potremmo dividere il discorso in due: priorità impellenti (le manutenzioni) e priorità di medio-lungo termine (le semplificazioni) sebbene queste due categorie s’intersechino poiché le manutenzioni dovranno sempre essere compiute e le semplificazioni servono anche e soprattutto a breve termine (vedi il PNRR).
Per quanto riguarda la manutenzione dell’esistente, la più grande opera infrastrutturale da compiere nel nostro Paese, sono stati stanziati quasi 7 miliardi e 200 milioni di euro per la rete viaria italiana. I fondi sono così ripartiti: le due parti più cospicue (2 miliardi e 760 milioni e 3 miliardi e 60 milioni) consistono di interventi sulla rete di province e città metropolitane. Il primo capitolo di spesa riguarda fondi da spendere entro il 2024, il secondo, per ulteriori esercizi futuri.
Seguono poi i 225 milioni per la messa in sicurezza dei ponti sul Po e l’ultimo intervento in ordine di tempo, cioè il decreto interministeriale firmato dai ministri Franco (economia) e Giovannini (infrastrutture) che impegna 1 miliardo e 150 milioni per monitoraggio e manutenzione di ponti e viadotti stradali e per la sostituzione di quelli considerati ad alto rischio a causa di problemi di sicurezza. I fondi di quest’ultimo capitolo di spesa erano già stati individuati dal dl 104/2020 e dalla legge di bilancio per il 2021.
La ripartizione delle somme tiene conto della vulnerabilità dei territori, delle caratteristiche delle reti viarie e del parco veicolare circolante. Le città metropolitane di Torino e Firenze e la provincia di Salerno sono i territori che beneficeranno di più fondi. Un tavolo tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MIMS) monitorerà gli interventi. Le risorse sono revocabili nel caso in cui le manutenzioni non rispettino le scadenze.
Per quanto concerne invece il dl Semplificazioni vediamo prima quali sono i più importanti cambiamenti in materia di appalti e realizzazione di opere pubbliche:
- Governance su 3 livelli: ci sarà una cabina di regia politica con i ministri (e talvolta anche i governatori delle regioni) guidata dal premier, un tavolo con le parti sociali e una segreteria tecnica ad hoc per il PNRR, che poi sarà smantellata.
- Rafforzati i poteri sostitutivi del Consiglio dei Ministri nei confronti di enti territoriali e locali. In caso di inadempienze o opere in ritardo potranno essere nominati dei commissari.
- Soprintendenza speciale per le opere del PNRR che interesseranno siti tutelati perché beni culturali.
- Semplificata la procedura per il parere di VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Sarà creata una commissione ad hoc. Ridotti i tempi del silenzio-assenso.
- Clausole per l’assunzione di giovani e donne nei bandi di gara per opere del PNRR.
- Non ci sarà la norma che prevedrebbe il criterio del massimo ribasso per l’aggiudicazione dei lavori. Il tetto per i subappalti rimarrà al 50% fino ad ottobre: poi sarà eliminato, ma aumenteranno i controlli.
- Sud: semplificazioni per investimenti in aree interne e ZES (Zone Economiche Speciali).
L’articolo 44 del decreto è sicuramente uno dei più importanti: istituisce un comitato speciale presso il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici composto da 29 membri tra dirigenti, ministri, esperti e tecnici. Il comitato esprimerà pareri preliminari sui progetti, indicherà modifiche e integrazioni. Sono 10 (ma con ogni probabilità aumenteranno) le grandi opere che usufruiranno della “corsia veloce” prevista dall’articolo 44:
- Ferrovia Palermo – Catania – Messina
- Ferrovia Verona – Brennero
- Ferrovia Salerno – Reggio Calabria
- Ferrovia Battipaglia – Potenza – Taranto
- Ferrovia Roma – Pescara
- Ferrovia Orte – Falconara
- Diga di Campolattaro
- Sistema idrico del Peschiera
- Porto di Trieste
- Diga foranea di Genova
Dopo l’approvazione del piano nazionale italiano da parte dell’UE, testimoniata anche dall’arrivo di Ursula Von Der Leyen in Italia e in attesa dell’arrivo della prima tranche di circa 25 miliardi, nell’intenzione del governo c’è il predisporsi a distribuire questi fondi nella maniera migliore possibile. Di questi giorni è la discussione sulla riforma della giustizia, punto nodale per la riscossione delle somme. Il dl Semplificazioni è focale invece per la cosiddetta “messa a terra” dei finanziamenti, specie nell’ambito delle infrastrutture.
Certamente il decreto opera un accentramento delle competenze e delle decisioni. Questo può recare con sé, come in tutte le cose, dei rischi e dei benefici. Un rischio può essere uno scarso coinvolgimento dei territori e di chi li rappresenta. Un insufficiente dibattito tra politici e tecnici può portare a decisioni che poi potrebbero rivelarsi errate. Tra i benefici annoveriamo una maggiore efficacia e velocità di realizzazione di opere in un Paese come il nostro, asfissiato dalla burocrazia e costellato di vergognose “incompiute”.
Il ministro al MIMS Giovannini in queste settimane ha rimarcato come l’equivalenza "maggiore velocità = maggiore possibilità di corruzione" sia da escludere. I presidi di legalità, insieme ai controlli, rimarranno. Sono solo ridotti i tempi e il numero di pastoie burocratiche. Staremo a vedere se l’allargamento delle maglie della rete manterrà il suo ruolo di filtraggio. Certamente l’eliminazione della norma sul criterio del massimo ribasso per l’aggiudicazione dei lavori è cosa positiva.
Questo è il Paese in cui vince l’appalto l’azienda che costruisce con meno denari l’opera infrastrutturale, non l’azienda che la costruisce con maggior qualità per la sicurezza dei cittadini. Dunque, l’uso di materiali scadenti e l’esistenza di ponti che crollano anche dopo pochi anni dalla loro realizzazione sono una realtà che abbiamo visto, e che alcuni hanno pagato con la vita. Sui subappalti, (particolarmente permeabili a fenomeni di corruzione) vedremo se il generico “aumento di controlli” basterà.
Per quanto riguarda i rischi dell’accentramento di competenze, la sensazione è quella di un cauto ottimismo. L’esistenza di tavoli con le parti sociali, di segreterie tecniche, del coinvolgimento di sindaci e governatori (che hanno un posto di riguardo nella realizzazione del piano) e del comitato speciale presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici credo garantisca un adeguato confronto e dibattito con i territori e tra esperti e politici.
L’Italia delle infrastrutture è rimasta ferma troppo a lungo. L’Autostrada Milano – Napoli fu costruita negli anni ’60 in 8 anni. Credo che oggi un’opera di tale portata con questi tempi di realizzazione non sia più possibile. Sono aumentate le garanzie ma nel corso dei decenni è anche aumentata a dismisura la burocrazia. Il gap infrastrutturale di una nazione, cioè la differenza tra le infrastrutture esistenti e quelle che dovrebbe avere, costituisce uno dei più grandi danni all’economia di un paese. Ben venga dunque una soluzione all’emergenza (vedi i commissari), ma l’emergenza a lungo andare non potrà e non dovrà diventare normalità perché altrimenti le norme ordinarie perderebbero in significato e soprattutto in credibilità.