Le guerre moderne non possono essere interpretate solo con le lenti della geopolitica o della cronaca militare. I conflitti di oggi, incluso quello fra Russia e Ucraina, coinvolgono profondi meccanismi economici. Un’analisi teorica di questi temi viene approfondita nel libro “La guerra capitalista”, pubblicato di recente.
L’opera nasce dal lavoro collettivo di tre studiosi: Emiliano Brancaccio (professore di politica economica all’Università del Sannio), Raffaele Giammetti (ricercatore in economia politica all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale) e Stefano Lucarelli (professore di politica economica all’Università di Bergamo). Il testo si suddivide in tre parti:
- un approfondimento del pensiero marxiano sulla legge di tendenza alla centralizzazione del capitale,
- un interessante riscontro empirico su questa legge marxiana,
- un dibattito conclusivo sui temi della guerra (e della geopolitica più in generale).
Pur essendo un’opera da apprezzare nella sua interezza, questa tripartizione è utile al lettore per orientarsi. Ne viene fuori una lettura aperta tanto ai profani della materia, quanto a un pubblico specialistico, che troverà interessanti riferimenti metodologici, bibliografici e di ricerca accademica.
Nel volume gli autori utilizzano un’efficace metafora per rappresentare la tendenza alla centralizzazione del capitale. Si tratta della celebre opera del XVI secolo di Pieter Bruegel: “I pesci grandi mangiano i pesci piccoli”. Attuando una trasposizione della figura dei pesci con i capitali, facilmente si può identificare quanto i capitalisti, a loro volta, vedano prevalere il “grande” sul “piccolo”. Lo stomaco del pesce grande risucchia al suo interno i pesci piccoli, così come capitali sempre più grandi tendono a concentrare in sé i capitali più piccoli.
La legge tendenziale verso la concentrazione del capitale, così metaforicamente spiegata, viene presa in rassegna nel dettaglio, affiancandovi elementi di dibattito filosofico, di politica economica e di evidenza empirica, soprattutto alla luce delle recenti crisi economiche.
Gli autori sottolineano un fatto molto interessante: il pensiero marxiano è tornato alla ribalta anche (e forse soprattutto) nei circoli dell’alta finanza. Dove si discute pure della legge di tendenza alla centralizzazione del capitale, apparentemente trascurata dai dibattiti più accademici. Ciò è evidente anche dai principali giornali finanziari internazionali, che più e più volte citano Marx, a riprova dell’attualità delle numerose sfaccettature del suo pensiero.
La legge della concentrazione dei capitali ci aiuta a comprendere lo scontro tra i due principali schieramenti del mondo di oggi, dove si fronteggiano nuovi grandi debitori e nuovi grandi creditori. La concentrazione del capitale è sempre più misurabile e palpabile, come illustra la parte empirica del volume. Una recente ricerca degli autori, riportata nel libro, misura le principali concentrazioni di proprietà sulle azioni quotate. La concentrazione in sempre meno mani è un’evidenza chiara, che può essere analizzata sia su scala del singolo capitalista sia su scala nazionale e sovranazionale.
È così che nascono anche nuovi motivi di tensione, spinti da una continua ricerca di accumulazione. Sembra formarsi un nuovo sistema di relazioni di forza, in termini valutari e monetari. Per dirlo in termini più da guerra fredda, un sistema a “blocchi”. Certamente la logica non è la stessa che contrapponeva USA e URSS. Gli attori sono nuovi, ma le ragioni di scontro sono ataviche: essere grandi debitori o, viceversa, grandi creditori. In questo senso, l’esacerbazione di queste tensioni porta a un crescente rischio di scontro, che può culminare in crisi o addirittura in guerre.
Per supportare la tesi del libro, gli autori non fanno riferimento solo al pensiero di Marx, ma analizzano spunti di scuole di pensiero molto eterogenee. Da Keynes a Schumpeter, da Labriola a Minsky, da Sweezy a De Grauwe. La legge di tendenza marxiana viene studiata anche alla luce delle problematiche di insolvenza, della gestione delle crisi e del ruolo ormai cruciale dei banchieri centrali.
Così, lo studio dei meccanismi economici più profondi ci aiuta a interpretare la grande crisi di oggi. Perché, come scrivono gli autori,
"La guerra moderna non può mai scaturire dalle smanie individuali di qualche pazzo al potere. Essa, piuttosto, è il tragico sbocco di un grande meccanismo impersonale: una ‘legge’ di tendenza verso la centralizzazione imperialista del capitale”.