Nella complessa teoria dell’accumulazione1, Marx introduce il concetto di centralizzazione dei capitali.
Un adeguato sviluppo teorico di questo concetto sarebbe stato possibile all’interno di una teoria della concorrenza. Ma, come sappiamo, "Il Capitale" è rimasto incompiuto2 e una teoria della concorrenza è soltanto abbozzata nel capitolo X del Libro III. Marx ritiene che l’analisi della concorrenza vada sviluppata, per il suo livello di astrazione, solo dopo aver delineato il funzionamento del modo di produzione capitalistico in generale3. La concorrenza viene descritta come repulsione reciproca dei diversi capitali, poiché ognuno svolge la sua attività con lo scopo della valorizzazione e dell’accumulazione del capitale.
L’accumulazione del capitale, invece, è sinonimo di concentrazione: il plusvalore realizzato viene reinvestito nell’acquisto di nuovi mezzi di produzione e nuova forza lavoro con lo scopo di una produzione di merci su scala più vasta, consentendo, in potenza, un aumento della massa del plusvalore, fine ultimo della produzione capitalistica.
La condizione necessaria affinché avvenga la concentrazione è un aumento della ricchezza sociale, ossia l’esistenza di mezzi di produzione e forza lavoro in più sul mercato rispetto allo stato iniziale, prima dell’accumulazione.
Centralizzazione e concentrazione
La centralizzazione del capitale si distingue dalla concentrazione in quanto riguarda l’accumulazione di capitali già formati, è quindi possibile sia a parità di ricchezza sociale sia in un contesto di crisi. Tale forza attrattiva, come la chiama Marx, trova una prima spiegazione teorica proprio nella concorrenza:
“La lotta della concorrenza viene condotta rendendo più a buon mercato le merci. L’essere a buon mercato delle merci dipende, caeteris paribus, dalla produttività del lavoro, ma questa a sua volta dipende dalla scala della produzione. I capitali più grossi sconfiggono perciò quelli minori.” 4
“La concorrenza infuria qui in proporzione diretta del numero e in proporzione inversa della grandezza dei capitali in lotta. Essa termina sempre con la rovina di molti capitalisti minori, i cui capitali in parte passano nelle mani del vincitore, in parte scompaiono.”5
Quindi:
“La centralizzazione può avvenire in virtù di un semplice cambiamento nella distribuzione di capitali già esistenti, cioè di un semplice mutamento nel raggruppamento quantitativo delle parti costitutive del capitale sociale. Il capitale può crescere qua fino a diventare una massa potente in una sola mano, perché la viene sottratto a molte mani individuali.
“In una data branca d’affari la centralizzazione raggiungerebbe l’estremo limite solo se tutti i capitali ivi investiti si fondessero in un capitale singolo. In una società data questo limite sarebbe raggiunto soltanto nel momento in cui tutto il capitale sociale fosse riunito nella mano di un singolo capitalista o in quella di un’unica associazione di capitalisti.”6
La centralizzazione è quindi una forma specifica dell’accumulazione. Come avviene?
“La centralizzazione completa l’opera dell’accumulazione mettendo in grado i capitalisti industriali di allargare la scala delle loro operazioni. Ora, che quest’ultimo risultato sia conseguenza dell’accumulazione o della centralizzazione, che la centralizzazione si compia in via violenta ̶ cioè con l’annessione, nel quale caso certi capitali diventano, per altri, centri di gravità così preponderanti da spezzarne la coesione individuale e da attirare poi a sè i frammenti singoli ̶ , o che avvenga la fusione di una massa di capitali già costituiti, oppure che vanno costituendosi, in virtù di un procedimento più blando, cioè della costituzione di società per azioni, l’effetto economico rimane lo stesso.”7
Inoltre, secondo Marx:
“A prescindere da ciò, con la produzione capitalistica si forma una potenza assolutamente nuova, il sistema del credito, che ai suoi inizi si insinua furtivamente come modesto ausilio dell’accumulazione, attira nelle mani di capitalisti individuali o associati mediante fili invisibili i mezzi pecuniari disseminati, in masse maggiori o minori, alla superficie della società diventando però ben presto un’arma nuova e terribile nella lotta della concorrenza e trasformandosi infine in un immane meccanismo sociale per la centralizzazione dei capitali.”8
Conclusione
Una trattazione più organica della centralizzazione, soprattutto in funzione delle dinamiche del credito non è presente nell’opera marxiana in quanto opera incompiuta. Appare evidente che il fenomeno della centralizzazione dei capitali teorizzato da Marx scaturisce dal funzionamento stesso del modo di produzione capitalistico ed in particolare come esito della concorrenza.
Inoltre, è da notare che esso non attiene semplicemente alla distribuzione della ricchezza in sempre meno mani. Piuttosto, la centralizzazione dei capitali attiene alla concentrazione del controllo del capitale nelle mani di un sempre più ristretto numero di capitalisti. Ciò significa che questa ristretta “élite” risultata come vincente nella concorrenza, arriva a detenere il controllo dei processi di produzione, di distribuzione e del credito, processi da cui si genera tanto la ricchezza sociale quanto il reddito dei soggetti che partecipano a vario titolo alla produzione, concentrando un potere politico sostanziale nelle loro mani. Il fenomeno della centralizzazione dei capitali risulta quindi essere un fenomeno pervasivo da cui la distribuzione della ricchezza scaturisce come epifenomeno.